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Bellur Krishnamachar Sundararaja Iyengar

Le testimonianze di alcuni degli allievi diretti del maestro B.K.S. Iyengar

di Bice Mattioli

 

IyengarLa definizione di cosa sia lo yoga è molto varia, e spesso ineffabile. È un’arte del benessere, ma è anche una scienza. Anzi, forse una delle poche aree della conoscenza ove arte e scienza si incontrano. Bellur Krishnamachar Sundararaja Iyengar, o più semplicemente B.K.S. Iyengar, di Bellur in India è stato uno dei grandi traghettatori di questa arte in Occidente. Il suo merito, indipendentemente dalle diramazioni di stili che si sono accavallate nel corso di questi ultimi 100 anni, è quello di aver codificato un metodo per renderlo fruibile a tutti. Ne sono testimonianza i circa 80 paesi nel mondo che ospitano almeno una scuole di yoga certificata Iyengar, Zimbabwe e Nuova Caledonia compresi.

 

Morto a 95 anni il 20 agosto scorso, lascia un vuoto importante nella storia dello yoga moderno, ma anche un’eredità di conoscenza ricchissima. Tra le sue più grandi virtù vi è stata quella dell’esplorazione, poiché tutto ciò che è stato codificato dal suo metodo, è stato testato, giorno per giorno, sia in prima persona che attraverso l’insegnamento. Ha praticato ogni giorno sino a poche settimane prima della morte, e all’intervistatore di Time magazine (che nel 2008 lo incluse nella lista delle 100 personalità più influenti nel mondo) che gli chiedeva se ancora praticasse, disse: “Certo che pratico, 3 ore al g iorno e le assicuro che è molto più difficile adesso di 50 anni fa”.

 

Nato di salute cagionevole, Iyengar ha dedicato gran parte della vita allo studio delle posizioni, delle respirazioni, e della loro stabilità nel tempo. “ Se non conquistate la libertà nel corpo, la libertà della mente è un miraggio lontano”, diceva. Allievo e cognato di Sri T. Krishnamacharya, da cui apprese i primi rudimenti dello yoga, cominciò ad insegnare all’età di 18 anni a Pune, dove fondò la sua scuola. Lo stile Iyengar è spesso definito, più prosaicamente,quello “dove si usano i mattoni e le cinghie” come supporti. Così come sedie, muri, tavolo, cuscini, coperte e tutto ciò che possa educare il corpo al proprio allineamento. Proprio qui è la sua grande intuizione: creare delle geometrie del corpo che potessero liberare il respiro, per un miglior equilibrio con un minor sforzo muscolare, raggiungendo una stabilità duratura.“Per allineare in modo corretto una parte del corpo, devi lavorare con l’intero corpo”, massima a cui fa seguito (come in ogni buon aforisma paradossale dello yoga) “il cervello è la parte più difficile da sistemare durante la pratica degli asana”. Poiché la posizione senza l’attenzione interiore ristagna, siamo noi ad andare verso la posizione e non il contrario. L’influenza del pensiero di Iyengar è stata straordinaria. Oltre a grandi maestri dello yoga che poi hanno trovato la loro strada – Dona Holemann, Vanda Scaravelli, John Friend solo per citarne alcuni – è arrivata anche a personalità come il filosofo Jiddu Krishnamurti, il violinista Yehudi Menuhin, lo scrittore Aldous Huxley, la Regina Elisabetta del Belgio (all’età di 80 anni), l’attrice Annette Bening.

 

In Italia lo stile Iyengar è presente con diverse scuole, autorizzate a utilizzare il suo metodo. E il ricordo di alcuni degli insegnanti che si sono formati direttamente con lui è molto vivo e affettuoso.

 

David Meloni
presidente della “Light on Yoga Italia”

 

David Meloni con IyengarHo cominciato la pratica dell’Iyengar Yoga da giovanissimo, traghettato da una esperienza precedente, molto intensa, nel karatè, dopo essermi imbattuto nel libro di Guruji “Teoria e pratica dello yoga” (Light on Yoga), rimanendone folgorato. Cominciai con la sola guida del libro, per poi studiare con Gabriella Giubilaro dal 1996 e seguire il maestro ogni anno per due o tre mesi presso il suo istituto di Pune dal 2003 sino a oggi. Il processo per acquisire la sua attenzione fu molto lungo. Era sempre così, prima non ti considerava, valutando sornionamente l’interesse e l’atteggiamento verso la pratica. Per me questa fase è durata 5 anni, poi ti prendeva con sé e ti testava. Se passavi, solo da quel momento si dedicava fino in fondo a trasmettere il suo vero insegnamento. Mi ha rivoltato completamente ogni volta, come se non avessi mai compreso nulla. Qualche tempo fa mi disse “devi andare contro l’abitudine e le tendenze del corpo, ci deve essere un processo di trasformazione, questo processo è graduale e avverrà solo quando tramite volontà, osservazione e ‘ascolto’ la tua intelligenza arriverà a controllare ogni singola parte”. Da questo controllo armonico vengono generate le azioni, che concatenate tra loro permettono al corpo di entrare nella geometria ideale della posizione. A questo punto assumere la posizione in modo meccanico o in un processo di ascolto è la differenza tra una pratica superficiale prettamente fisica e una pratica interiore. Ad occhio esperto l’asana eseguita dalla stessa persona nei due modi apparirà completamente diversa. A questo proposito, ricordo che un giorno mi fece sistemare dai suoi assistenti un peso sul torace di circa 15 kg e poi mi chiese di assumere la posizione dell’Arco invertito (Urdhva Dhanurasana) e mi disse: “non assumere la posizione con l’idea di sollevare il peso, ti risulterà impossibile o quasi, ma ascolta ogni singola porzione del tuo corpo a partire dalla periferia degli arti e partendo dalla radice di ogni azione, dai punti a contatto con il pavimento, in questo caso mani e piedi, costruisci la catena di azioni che ti permetteranno di muoverti fino all’assunzione della posizione finale. Procedi!” tuonò in maniera imperiosa. Poi, vedendo che dopo qualche tentativo fui in grado di fare più o meno quello che mi aveva appena suggerito, rise bonariamente.

www.davidmeloni.it

www.iyengaryoga.it

 

Gabriella Giubilaro

 

Gabriella Giubilaro con IyengarLa prima volta che sono andata a Pune, nel 1983, con la mia amica Bianca Strens ero molto intimidita da lui, e a dire il vero in classe quasi quasi cercavo di nascondermi. Osservavo dove Mr Iyengar praticava (lo chiamavamo così) e mi mettevo dalla parte opposta cercando di non farmi notare. Ma, immancabilmente, arrivava, come un fulmine, e aveva sempre qualche cosa da correggermi. Le sue correzioni andavano oltre il livello fisico, oltre il livello mentale, penetravano in profondità, erano come se si rivolgessero ad ogni cellula del corpo facendoti sentire quell’unità interiore, misteriosa e magica che è alla base dello yoga Facevo veramente l’esperienza viva dell’essenza dello yoga, ad un livello diverso non solo da quello mentale ma anche dal livello corporeo, una sorta di dimensione “altra” che andava al di là del linguaggio e del “racconto”. Poi arrivavano i weekend e tutto cambiava. L’Istituto organizzava gite fuori città, sempre in posti differenti, c’erano camminate, visite ai templi, pranzi su foglie di banane. E si viaggiava tutti insieme con Guruji e la sua famiglia, l’atmosfera era gioiosa. Guruji lasciava vedere altri aspetti della sua personalità: una persona semplice, alla portata di tutti, un uomo che si interessava a noi, che era curioso ed appassionato. Era una trasformazione quasi magica che mi sorprendeva, ed erano proprio queste trasformazioni che, restituendomi un immagine più completa di lui me lo facevano apprezzare di più. Era esigente e qualche volta quasi impetuoso in classe, era un uomo gentile e generoso al di fuori della classe. Si poteva sentire l’energia della sua presenza in tutta la sala dello yoga, anche quando non stava insegnando direttamente e magari stava praticando da una parte. Quando lui era presente ogni alunno poteva sentire i suoi occhi su di lui, il suo sguardo acuto faceva sì che ognuno si impegnasse al suo massimo. Di lui mi ha sempre sorpreso la sua abilità di penetrare col suo sguardo. Negli ultimi 25 anni mi sono recata a Pune ogni anno e questo mi ha permesso di testimoniare la sua grande abilità di rinnovarsi, cosa che rendeva il suo insegnamento vivo e rigenerante.

www.istitutoiyengaryogafirenze.it

 

Emilia Pagani

 

Emilia Pagani e IyengarHo incontrato B.K.S. Iyengar, per noi allievi Guruji, ad Amsterdam durante un seminario da lui tenuto nel 1983. Ricordo il mio forte impatto emotivo, la curiosità ma anche l’imbarazzo: non avevo ancora 30 anni, lui a 65 era nel pieno della forma psico-fisica, sprigionava energia allo stato puro, per noi era già “una leggenda”. Mi si avvicinò per parlare, io non ne avevo il coraggio, più che le parole ricordo la vibrazione: potenza e gentilezza unite insieme, qualità che ho riconosciuto in lui ogni volta che l’ho rivisto e sono state tante da allora! Guruji non è più tra noi ma vive in ognuno di noi, vive nelle mie figlie gemelle che mi ha aiutato a partorire. Ho scoperto di essere in attesa proprio a Pune in India durante un corso intensivo nel 1993. Appena gli ho riferito di un precedente aborto spontaneo appena sei mesi prima, si è preso grande cura di me e del timore che avevo di ripetere tale esperienza: la pratica che mi ha dato ha curato la rigidità e la tensione nell’addome e nel torace causati dalla paura, ha creato spazio nei muscoli intercostali in modo da liberare il respiro. Alla celebrazione dei suoi 90 anni, nel 2008, a cui presi parte insieme ad una delle due gemelle, egli mi accolse dicendo: “Dì a tua figlia che deve la vita allo Yoga!”. Come posso dimenticare il suo tocco di guarigione, i suoi aggiustamenti perfetti che hanno trasformato la paura in coraggio?

www.iyengaryogaravenna.it

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