Carlos Pomeda: vivere, opportunità di crescita
Lo yoga non deve essere vissuto come un dogma, ma è una via per conoscere Sé stessi
di Andrea Boni
foto di Alberto Vezzani
Lo Yoga offre la promessa di trasformazione. In particolare il Tantra, il più moderno cammino di ricerca filosofica legato allo yoga, rivela infinite possibilità. Carlos Pomeda è tra i più autorevoli studiosi di Tantra e collabora attivamente alla sua divulgazione, anche grazie alla diffusione dell’Anusara Yoga, in cui il tantrismo si associa a una pratica di asana molto precisa. La sua visione rigorosa, ma sempre innovativa può liberarci dal peso di un banale stereotipo: che la pratica dello yoga sia la panacea capace di dissolvere tutti i nostri problemi.
Ormai lo yoga è una disciplina diffusa ovunque. Molti lo praticano, ma qualcosa fa la differenza. Che valore ha l’intenzione nello yoga?
L’intenzione è un’espressione molto importante della coscienza umana. Secondo l’analisi del Tantra, per esempio, quando l’intenzione non è presente, la vita sembra scorrere senza alcuna consapevolezza. Mentre, nutrendo il potere dell’intenzione è possibile riprenderne il controllo, ricominciando a guidarla e a farla fluire. L’intenzione, quindi, è proiettare la propria coscienza in una certa direzione: uno strumento molto potente per esprimere se stessi e muoversi verso un obiettivo specifico. Nel viaggio interiore, possedere una motivazione profonda significa non solo essere in contatto con il proprio cuore, ma anche scegliere di uscire da una condizione limitata, in cui le azioni sono regolate dai processi interiori dell’inconscio, dai condizionamenti spesso inconsapevoli, verso uno stato in cui riprendere la capacità di esprimere in pieno il potenziale della nostra coscienza come esseri umani.
Recentemente un vecchio partigiano francese di 93 anni ha scritto un libro di poche pagine in cui incita i giovani a riconquistare l’ambizione di cambiare il mondo. Decidere di abbracciare in pieno la vita, secondo lui è l’unica vera forza propulsiva per la trasformazione. È d’accordo?
Certo. Senza nutrire il potere dell’intenzione non è possibile esprimere a pieno il potenziale della nostra coscienza in quanto esseri umani. Con il termine coscienza, parlo del Sé come il Sé interiore e uso la “S” maiuscola perché sfortunatamente nelle nostre lingue vi è povertà di vocabolario, laddove in sanscrito esistono molti termini differenti per definire la parola “coscienza”. Il Sé è uno spazio profondo dal quale osservare se stessi. È il cuore, l’essenza dell’essere umano. Nel naturale processo della nostra evoluzione, accumulando le esperienze, arriviamo a un punto in cui ci chiediamo che cosa sia la vita e se vi sia qualcosa d’altro. Così inizia la nostra ricerca e in quel momento di apertura gli eventi vanno in una certa direzione e la grazia penetra nella nostra vita. Talvolta è come il rombo di un tuono, talvolta si insinua silenziosamente. Il risveglio avviene e il desiderio per il Supremo inizia a guidarci. Quale sia la situazione esterna che stiamo vivendo è del tutto secondario. Questo è un processo interiore.
Spesso lo yoga è caricato di un contenuto taumaturgico, cioè ci si aspetta che ci salvi dal male di vivere, dalla paura della morte e dalla sofferenza. Ma praticare yoga con l’intento di diventare qualcosa di diverso da quello che siamo come esseri umani, non significa sfuggire alla complessità della vita?
Considerare lo yoga uno strumento per ottenere qualcosa è un’attitudine verso la vita alquanto immatura. Esiste un aspetto molto più profondo che caratterizza lo yoga. Tuttavia, vi sono tante ragioni per praticarlo, quanti sono gli esseri umani. Alcuni sono interessati a migliorare la propria condizione fisica, la salute, o le performance personali; altri gli riconoscono una dimensione spirituale che non è dogmatica. Mi sembra molto triste che qualcuno possa dire: “Se non sei vegetariano, non sei un vero yogi”. Ho letto le opere di San Giovanni della Croce, che sicuramente non era vegetariano, ma che ha conosciuto la trascendenza e si è immerso nel Divino. Non confondiamo la periferia con il cuore. Molti di noi si perdono in queste trappole perché in realtà non sono connessi con l’essenza della pratica. Se lo siamo non vi è più nulla che possa essere di ostacolo. L’intera premessa del Tantra è che la trascendenza possa essere trovata ovunque. Il dogmatismo è una tendenza umana, ma io non credo appartenga allo yoga. Sono molto dogmatico su questo! (ride) Il mio Guru stesso offriva una serie di tecniche, pratiche e qualche consiglio, oltre a condividere la propria saggezza con tutti. Ma lasciava a noi scoprire che cosa vi fosse al nostro interno.
Che cosa ha rappresentato il Tantra per lei?
Il Tantra è il sistema filosofico più recente nella tradizione dello yoga e ne incorpora tutta la storia. Per me è stato quasi un innamoramento. Passavo anche dodici ore consecutive sui testi ma senza mai smettere di praticare. Questo elegante sistema filosofico, infatti, è soprattutto pratico e può offrire molto alle società industrializzate. Le sue formulazioni applicative ci danno non solo una visione coerente dell’Universo, ma anche del nostro ruolo in esso. Vivere è cogliere qualsiasi circostanza come un’opportunità di crescita. Credo che questa sia l’essenza del Tantra.
Il Tantra è un sistema filosofico che per primo, all’interno dello yoga, restituisce dignità al corpo come strumento di trasformazione. In che modo l’Hatha Yoga può aiutarci a vivere il nostro bisogno di libertà?
Anche in questo caso è molto importante andare al di là della comprensione superficiale di questo insegnamento. Quando sentiamo parlare di gioia o benessere è molto facile intenderli come un valore assoluto, quasi che lo yoga offra un biglietto per la felicità. In realtà, ci mette in contatto con un senso di pienezza, di completezza all’interno di noi, che non dipende in nessuna maniera da qualcosa di esterno. Non riguarda tanto il fatto che gli altri ci sorridano o no, oppure che la vita divenga improvvisamente meno problematica. Lo yoga ci offre la possibilità di essere centrati, forti in noi stessi. Ci mette in contatto con l’infinito potere della nostra coscienza. L’Hatha Yoga stesso, attraverso asana o pranayama, via via fino alla meditazione, ci offre un modo meraviglioso per integrare le diverse dimensioni di noi stessi cominciando a vivere a partire da un centro più profondo, che è la sorgente della vera delizia, del godimento del cuore, l’essenza di tutta la vita. Ma, attenzione, lo yoga non è il passaporto per un’esistenza facile.
Già la “Katha Upanishad” parlava di una forza che limita la nostra libertà e modella il nostro destino e la chiamava Karma. Ma come funziona il karma?
La nozione di karma è stata accettata praticamente da tutti i sistemi filosofici dello yoga, perché offre una spiegazione sulle forze che ci muovono come esseri umani. Il mio modo di considerare il karma è compatibile con l’idea moderna della psicologia. Vale a dire comprendere le forze che modellano il destino dall’interno, forze che sono principalmente psicologiche. Studiando il karma, impariamo a riconoscere i meccanismi che ci condizionano e ci bloccano. Questa parte del processo è l’introspezione personale, in cui impariamo a conoscerci sempre più nel profondo. Ciò che lo yoga ci offre è un viatico per andare al di là del karma, perché non è sufficiente riconoscere che cosa ci blocca, ma è importante spostarci verso il cuore della nostra esistenza. È lì che troviamo la vera libertà. Finché restiamo nella periferia, saremo sempre in balia delle forze che agiscono dentro di noi e su di noi.
Quindi è possibile cambiare il nostro destino?
Assolutamente sì. Credo che la gente pensi al karma come a una predestinazione. Ma secondo me, è esattamente l’opposto: il karma ci dà la possibilità di comprendere la ragione delle nostre limitazioni e ci offre la chiave per cambiare, per fare qualcosa. Per me il messaggio del karma non riguarda il condizionamento, ma piuttosto la libertà di rendersi conto che il nostro domani dipende da ciò che coltiviamo oggi.
Che cosa c’è dietro la vita? La saggezza degli antichi testi dell’India fornisce strumenti per superare la paura della morte?
Ciò che la tradizione dello yoga ci offre è un’intuizione che si è sviluppata nel corso dei secoli e che le nuove prove portate a sostegno della reincarnazione confermano. Gli studi sulle esperienze di premorte oggi suscitano molto interesse e pubblicazioni importanti hanno riportato testimonianze simili tra loro che travalicano generi, secoli e culture diverse. Ma per coloro che tornano da un’esperienza di premorte il messaggio più significativo è una domanda che quasi tutti dicono di aver sentito: “Hai imparato ad amare?” Non è forse questo lo scopo ultimo della vita umana? La nostra anima evolve attraverso tutte le esperienze, siano esse dolorose o felici.
Anusara Yoga
Fondata da John Friend, Anusara Yoga è una scuola di hatha yoga che considera la vita come un bene supremo da onorare e di cui gioire. La filosofia tantrica alla base di questo sistema non soltanto riconosce nel corpo uno strumento con cui connettersi al proprio sé interiore, ma lo sceglie anche per esprimere artisticamente il gioco estatico della vita. Gli asana nascono dal cuore, ovvero sono espressi dall’interno verso l’esterno attraverso cinque principi (chiamati “Principi Universali di Allineamento”) concisi ed eleganti applicati a ogni postura. La loro idea centrale è riassunta in tre A: Attitudine, Allineamento e Azione. Con ciò s’intende che la consapevolezza viene espressa anche grazie e attraverso gli allineamenti fisici e serve a manifestare in modo creativo la propria intenzione più profonda.
Carlos Pomeda
Eminente studioso di fama internazionale ha dedicato 35 anni della sua vita (18 dei quali come monaco dell’ordine di Sarasvati) a studio, pratica e insegnamento della tradizione yoga. Durante questo lungo periodo di tempo ha studiato i sistemi filosofici dell’India, si è immerso nella pratica yogica e ha insegnato meditazione e filosofia a decine di migliaia di studenti di tutto il mondo. Egli combina l’esperienza e la pratica tradizionali con un background accademico, che include due dottorati: in sanscrito presso l’Università di Berkeley (California) e in studi religiosi presso l’Università di Santa Barbara (California). È conosciuto soprattutto per il suo amore verso la tradizione yogica, la sua acutezza, il suo umorismo e la profonda empatia con gli studenti, oltre che alla sua capacità di trasmettere la saggezza delle scritture in modo semplice, chiaro e pratico.
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