Doppiamente Buono: i nuovi libri di Yoga Journal
Il libro di Emina Cevro Vukovic della nuova collana editoriale dedicata a vivere lo yoga sotto ogni aspetto
di Guido Gabrielli
Io, tu, noi, tutti
Siamo tutti interconnessi. Alimentazione e ambiente, il nostro passato e il nostro futuro
“Doppiamente Buono” è un libro di alimentazione yoga: nel senso che pone l’alimentazione in un contesto più vasto che non sia la semplice nutrizione, ma anche un modo di essere, di consumare, di trovare un raccordo tra la nostra storia e il nostro futuro. Un po’ biografico, un po’ manualistico, un po’ intimista. Molto yoga. Chi lo scrive è una yogini tantrica, scrittrice e giornalista, Emina Cevro Vukovic, da anni nostra collaboratrice. Non pone barriere tra la sua storia, la passione per l’alimentazione e quella per l’ambiente. Un esempio di cosa significhi essere yoga nella vita.
YOGA JOURNAL: Cosa intendi con l’affermazione, nell’introduzione del libro, “Noi siamo quello che mangiamo”?
EMINA CEVRO VUKOVIC: Noi e il mondo non siamo separati, tutto ci influenza, il clima, anche politico ed economico, gli amici, il lavoro che facciamo, la famiglia; in ogni istante il mondo intorno a noi cambia e noi con lui. È questo l’insegnamento di Shiva Nataraja, il re della danza, il patrono dello yoga, ed è questo anche l’insegnamento del Buddha: l’interdipendenza. Dunque, come ogni altra cosa, il cibo ci influenza. Alcuni cibi ci appesantiscono, altri provocano aggressività, altri suggeriti dalla tradizione yoga ci regalano stati mentali positivi: serenità, equanimità, pazienza. Siamo dunque anche il cibo che mangiamo, lo possiamo scegliere e costruire grazie a questo un capitale di benessere. È una grande opportunità, che invito a non sottovalutare.
È chiaro a molti che cosa sia una posizione di yoga. È più difficile far capire il nesso tra questa e il resto della vita, tra cui l’alimentazione. Bisogna imparare a interiorizzare l’attenzione che poniamo nell’esecuzione di una posizione anche nelle scelte di nutrizione?
In Occidente la maggior parte delle persone conosce lo yoga per gli asana ma questi ne costituiscono soltanto una parte molto piccola. Per la tradizione la via dello yoga non si può intraprendere o non porta a buoni risultati se non si rispettano yama e nyama, le regole morali, la principale delle quali è la non violenza. Anche in cucina: senza l’attenzione a scegliere cibi ricchi di prana, l’energia vitale, e privi di violenza è difficile progredire. Inoltre la pratica yoga affina la capacità di sentire che cosa succede dentro il nostro corpo: questo ci permette di capire i nostri veri bisogni alimentari. Salvo specifiche malattie, non abbiamo bisogno di diete ma di sperimentare, avendo fiducia nella saggezza del corpo: per questo il libro propone degli esercizi di consapevolezza alimentare. Una buona pratica yoga esce dal tappetino, si espande a tutta la vita, aumenta la capacità di affrontare le difficoltà e di gioire delle cose belle che ci circondano.
Nelle tue vesti di insegnante yoga poni l’attenzione a questi aspetti durante una lezione?
Agli insegnanti yoga si chiede molto: eliminare le tensioni, fortificare l’apparato osteo-muscolare, risvegliare la sensibilità, incrementare l’energia e promuovere la gentilezza verso tutti gli esseri viventi. Nelle lezioni mi impegno a considerare tutte queste esigenze, chiamo il mio approccio mindfulness yoga, per l’attenzione che pongo a sviluppare l’ascolto. Grazie all’insegnamento della mia maestra Gabriella Cella non mi limito agli asana.
Il libro è in parte biografico, per evidenziare il processo di consapevolezza che hai sviluppato tra il sé, l’ambiente e la nutrizione, in parte pragmatico, mai didascalico. Come è nata questa necessità narrativa?
Molti interpretano l’io, la prima persona nella narrazione, come egocentrismo. Per me è esattamente il contrario, è una forma di modestia, non ho verità, né dati inconfutabili da divulgare. Gli stessi nutrizionisti continuano a contraddirsi e le ricerche sistemiche sul rapporto salute-alimentazione regolarmente demoliscono centinaia di prestigiose ricerche scientifiche precedenti. Dunque io posso solo raccontare onestamente la mia esperienza, il mio vissuto. Invitando il lettore a riferirsi con fiducia alla sua esperienza, al suo vissuto. Trovo che la gentilezza sia necessaria anche nello scrivere, non è educato dire “devi fare questo o quello, devi mangiare o non mangiare questo o quello” a delle persone adulte. Ognuno di noi è prezioso, unico e irripetibile! A ognuno si adatta un cibo diverso. Il libro è contro la medicalizzazione del cibo, vuole invece spiegare come, con le nostre scelte alimentari, possiamo contribuire a difendere le risorse del pianeta e promuovere una maggiore giustizia sociale. È un invito a un’alimentazione ambientalmente e socialmente sostenibile. Cucinare è un inesauribile esercizio di etica.
Nella seconda parte, il libro è dedicato ai menu stagionali, proponendo 56 menu completi con le ricette per pranzo e cena per una settimana per ognuna delle quattro stagioni, un aspetto a cui tieni molto.
Questo approccio viene dalla mia esperienza di “insegnante cuoca”. Nel passato alcune persone mi hanno chiesto di aiutarle a trovare uno stile alimentare più sano. Ho capito così che non bastano delle ricette, di cui esistono tanti libri: nelle famiglie è invece basilare l’esigenza pratica di avere un menù settimanale a cui ispirarsi, che aiuti a organizzare la spesa e a pensare “cosa cucino domani”. Chi vuole adottare una cucina più sana e rispettosa del pianeta ha bisogno di capire cosa mettere in pentola a pranzo e a cena un giorno dopo l’altro, senza ripetizioni, senza troppa fatica, con piatti gustosi ed economicamente accessibili. Grazie ai menù stagionali/settimanali posso suggerire come variare i cereali, come portare in tavola ogni giorno verdure diverse e di stagione, come alternare proteine di origine vegetale con quelle di origine animale. Variare è fondamentale per assicurarci tutti i nutrienti di cui abbiamo bisogno e diminuire il rischio di sviluppare allergie. I menu settimanali non sono una novità: i nostri bisnonni li seguivano, vanno rivalutati.
Chiunque può cimentarsi nel diventare uno yogini tantrico, anche senza riuscire a toccarsi le punte dei piedi?
Il tantra è esigente, ti invita a mettere in discussione senza pietà le tue paure, i tuoi “credo”, i tuoi tabù e i tuoi “sono fatto così”. Uno dei suoi significati è “liberazione dai legami”. Lo yoga tantrico propone un disvelamento che non è legato a particolari abilità fisiche. Quando la rappresentazione che abbiamo di noi stessi scompare rimane la vita. Quando le nostre proiezioni sulla realtà cadono emerge lo stupore, la gioia. Chiunque sappia abitare con curiosità e meraviglia il proprio paradosso, chiunque sappia non asservire ma ascoltare il corpo nel silenzio, è uno yogi tantrico. La perfezione non è necessaria alla salvezza. Lo stesso in cucina: basta essere rispettosi di sé, del pianeta e delle persone che lo abitano, consumando quel che serve con creatività. Spero che chi leggerà il libro si entusiasmi per tutte le implicazioni possibili.
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