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Fai la tua parte

Responsabilità è prendere decisioni sulla base di chi sei e di dove ti trovi. Questo crea energia consapevole per te e per gli altri

di Sally Kempton

illustrazione di Aimee Sicuro

 

fai la tua parteSei a lezione di yoga e stai facendo un piegamento profondo in avanti. L’insegnante si avvicina e ti mette le mani sulle spalle, incoraggiandoti ad andare più a fondo. Esiti per un momento, poi segui il suo suggerimento e senti una fitta dietro la gamba. Ti sei stirato un tendine. Adesso viene la domanda difficile: di chi è la colpa? Oppure, detto in maniera più delicata, chi ha la responsabilità in questa situazione? La risposta a questa domanda è cruciale, ed è anche un segnale per capire come ti muovi in situazioni difficili, come gestisci le relazioni tra le persone e come cogli le opportunità di crescita personale. In momenti del genere e in altri, come un incidente stradale, un litigio con il fidanzato, una perdita economica, l’approccio più istintivo è quello di dare la colpa a qualcuno. Io la chiamo “la teoria della colpa” ed è stato il nostro paradigma di base per secoli. L’assunto è che se qualcuno è colpevole deve essere punito, o con una causa legale o limitando qualsiasi tipo di relazione. La natura di questo concetto è dualistica: se tu hai torto, io ho ragione; tu sei l’esecutore, io la vittima. Negli ultimi anni si è fatto strada un approccio differente che possiamo definire come “responsabilità radicale”. Nella sua forma di base, significa che se sei disposto ad accettare la responsabilità di tutte le azioni, puoi cambiare la prospettiva del mondo, anziché rimanerne vittima. In questo modo smetti di dare la colpa a gli altri, ai genitori, a moglie o marito, a quelli di destra o di sinistra, al capo; ti accorgi di come sei riuscito a creare questa situazione, o almeno di come l’avresti potuta affrontare diversamente.

 

Responsabilità condivisa

 

Così come l’atteggiamento della vittima ti fa sentire innocente, ma ti rende impotente al cambiamento, la responsabilità radicale ti dà un senso di onnipotenza e la convinzione di avere un controllo irrealistico su ogni cosa. Personalmente, penso che ci sia una legge del karma, una propria indole, che accende dei corto circuiti emotivi (samskara). Ma è anche vero che ci sono eventi che non possiamo controllare: un uragano, un incidente che ha origini meccaniche, un tumore, situazioni in cui non possiamo dire di “aver scelto quella azione”. Quindi come spesso accade nella vita, la verità sta nel mezzo. E quindi arriviamo a un differente schema che io definisco “partecipativo”. Prendi atto che avresti potuto agire differentemente, ma consideri che ci sono anche altri fattori da prendere in considerazione. Ritorniamo al caso dell’incidente durante la lezione di yoga. La parte di responsabilità dell’insegnante è di averti forse chiesto troppo rispetto alle tue capacità di quel momento: puoi definirla inesperienza o cattiva conoscenza della tua forma. Qual è la tua parte di responsabilità? Magari non eri completamente consapevole della tua condizione in quel momento, il tuo ego ti ha fatto forzare più del dovuto. Oppure esistono altri fattori più nascosti, il polpaccio era forse stato stressato già prima in una corsa o in altre occasioni. Quindi, se vedi soltanto la parte di colpa dell’insegnante, perdi l’occasione di considerare tutte le altre parti che ti riguardano e che ti possono portare a vivere un concetto di responsabilità superiore. Ed evitare altre lesioni simili in futuro.

Quindi la responsabilità richiede un certo livello di sofisticazione intellettuale, allentamento dell’ego ed equilibrio. Anche se in un certo evento si potesse quantificare che il 95% della colpa non è tuo, il tuo compito è quello di identificare il 5% rimanente. È qui che costruisci il ponte per una consapevolezza superiore. Come diceva un mio maestro, uno yogi è una persona che sa rivoltare le circostanze della vita a suo vantaggio. Non perché sia un opportunista in sé, ma perché porta ogni momento di vita nello yoga e viceversa. Per uno yogi, la parola responsabilità viene suddivisa in “risposta-abilità”, la capacità di agire dal profondo, per un’azione che porti a un livello di esperienza e consapevolezza più elevato. Ho sempre pensato che questa fosse la vera essenza dell’insegnamento della Bhagavad Gita: “Lo yoga è l’arte di agire”.

 

Le tre domande

fai la tua parte_1Sviluppare una consapevole responsabilità delle azioni, nei nostri confronti e nei confronti del mondo, nasce da un processo di ricerca su di sé. È una ricerca su atman, parola sanscrita la cui radice è collegata al respiro (et-men), come nelle lingue moderne “asthma” in greco antico e “anima” in latino. Secondo la visione classica Vedanta, che interpreta il Tutto (tu, l’universo, Dio) come una manifestazione di una stessa coscienza, la ricerca mira a far emergere la tua natura definita ed eterna. Ma, con alcuni accorgimenti, ho visto che è funzionale anche per situazioni in cui si richiede una forte consapevolezza di spirito, per prendere una posizione responsabile nel momento di compiere un’azione. Lavoraci per un po’ di mesi tenendo presenti le tre domande che seguono: vedrai che quest’atteggiamento ti seguirà in maniera naturale e semplice.

 

  1. Chi sono io?

«Chi sono in questo momento?». Pensa a qual è il sentimento prevalente e spontaneo che provi, sotto il profilo emozionale, fisico, energetico: arrabbiato, impaurito, felice, mentalmente paralizzato o libero di esplorare. Non intraprendere nessuna azione o decisione, osservati e basta. Anche se non ti sarà sempre possibile, prendi in considerazione questo momento di autoanalisi, per mettere un paletto a una reazione che potrebbe essere controproducente.

 

  1. Dove sono adesso?

Questa domanda induce ad attivare la capacità di osservazione della realtà esterna, a identificarne gli aspetti esteriori che interagiscono con il proprio stato d’animo. Gli oggetti, le persone, i rumori, le luci, il contesto emotivo: in quale modo sono legati ed energeticamente coinvolti nella tua situazione? «Sono a casa, sono preoccupata per la situazione finanziaria, sono stanca ma in salute e il telefono squilla». «C’è tensione sul lavoro, i colleghi non sono disponibili come al solito, devo fare una telefonata personale perché la mia relazione affettiva richiede molta attenzione, mi sento fiduciosa». Queste considerazioni ti porteranno a essere vigile sul contesto in cui agisci e reagisci.

 

  1. Cosa devo fare adesso?

È la domanda per decidere quale reazione avere: so chi sono (come mi sento), so dove sono (conosco la situazione in cui sono). Adesso sta a me decidere in che maniera venire coinvolto. Qui interviene il momento critico per uno yogi. Nel caso la colpa di un evento fosse tua, il rimprovero di un’altra persona può condurti verso tre tipi di atteggiamento. Il primo è quello difensivo e ostile. Il secondo è quello di sentirsi in colpa, recriminare e arrabbiarti con te stesso. Il terzo è quello di distaccarsi dai sentimenti e dalla situazione in cui ti sei riconosciuto e passare attraverso di essa. Se sei in colpa, ammettilo, però non è in discussione la tua anima, ma ciò che è tecnicamente avvenuto. La reazione non sarà di autocommiserarsi, o di diventare vittima delle tue colpe. Domandati quanto sarebbe stato in tuo controllo. Come in una posizione yoga, quando smetti di resistere la vita emerge naturalmente e l’energia diventa quieta di nuovo.

 

Scelte Consapevoli

Tu sei sempre responsabile delle tue scelte e non puoi affidarti ad alcun esperto al di fuori di te per assicurarti un’azione sicura. È il tuo contributo alla complessità della vita. Prendere una decisione basata sulla comprensione di chi sei e di dove ti trovi in quel momento crea energia consapevole. Significa conoscere la fitta rete di cause ed effetti in cui siamo costantemente coinvolti. Così, la scelta sarà chiara, positiva, al meglio delle nostre capacità in quel dato momento. Oltre a questo, recitava il poeta T.S. Eliot, «non è affar nostro».

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