IL RESPIRO DELLA FORESTA
Un maestoso documentario che tratteggia i particolari dell’annuale ritiro di migliaia di monache Tibetane, svolto in piccole abitazioni in legno, che puntellano il vasto altopiano del Tibet
Il Respiro della Foresta
E’ un maestoso documentario che tratteggia i particolari dell’annuale ritiro di migliaia di monache Tibetane, svolto in piccole abitazioni in legno, che puntellano il vasto altopiano del Tibet. Il film di Jin Huaqing è chiaramente un lavoro di inchiesta sulla fede e sulla filosofia, ambientato in un paesaggio ostile. La telecamera si apposta con delicatezza nel Monastero Yarchen insieme alle donne che, durante i cento giorni più freddi dell’anno, imparano – e in qualche caso provano anche – profonde questioni di vita o di morte, di sofferenza e guarigione, di karma e conseguenze.
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Come è nata questa storia- Nelle parole del regista
Nell’inverno del 2014, ho incontrato alcune monache tibetane in una valle desolata a Ganzi, nella regione dello Sichuan. Le loro vesti marroni volteggiavano in aria mosse dal vento. Con la brina sulle ciglia, i loro sorrisi erano timidi e innocenti. Ho passato i giorni successivi con loro. La loro pace e il loro affetto hanno fatto aprire il mio cuore.
Ho pensato che avrei potuto far provare le stesse sensazioni anche ad altre persone, se solo gli avessi fatto incontrare questo gruppo di naturaliste spirituali, se avessi fatto loro scoprire l’esistenza di questa “foresta religiosa”. Dopo questo primo in contro, ho deciso di passare un po’ di tempo con loro, immergendomi al cento per cento nelle loro vite, e riscoprendo una nuova visione delle cose.
Un lungo processo
Dopo più di un anno con loro, il film non stava andando avanti. Nonostante fosse un monastero tibetano con il più alto numero di monache al mondo, era anche del tutto misterioso, austero e oscuro al resto del mondo. Dichiarazioni del regista Il girato doveva essere approvato da diverse congregazioni e dai loro abati ad ogni step.
Abbiamo fatto richiesta per filmare il ritiro dei cento giorni, la “sala dei Sutra”, la sepoltura celeste e altre scene pezzo dopo pezzo. Il girato doveva essere approvato da diverse congregazioni e dai loro abati ad ogni step e i loro processi decisionali erano molto lunghi, ci dicevano spesso di aspettare ancora e ancora.
Un altro aspetto importante da considerare era la nostra integrazione nelle loro vite. All’inizio erano molto sorprese e addirittura furiose nei confronti di un gruppo di ospiti “non desiderati”. Abbiamo per questo deciso di non portare con noi l’attrezzatura durante le prime visite. Progressivamente, siamo diventati parte delle loro routine quotidiane. Più e più volte, andavamo nelle loro cucine la mattina presto, ci sedevamo di fronte alla monaca incaricata di pensare al fuoco e stavamo in silenzio, ad ascoltare lo scoppiettio della legna.
Come ci siamo immedesimati
Esattamente come loro, sedevamo a gambe incrociate nella sala dei sutra durante il giorno, osservando in giro o anche solo restando fermi. Durante le notti, spesso sedevo con loro e assistevo alle conversazioni con i loro guru. E’ così che le abbiamo fatte abituare alla nostra presenza e convinte che non avremmo assolutamente disturbato le loro pratiche.
Non volevo realizzare un film di fantasia né prettamente informativo. Volevo solo mostrare il loro percorso esistenziale con immagini minimaliste, per svelare al meglio questo posto e questa realtà che sembrano provenire da un altro mondo.
Ho nascosto la telecamera il più possibile e lasciato che i soggetti si muovessero liberamente, per catturare la loro vitalità, nel modo più essenziale possibile. Non ho posto loro domande e ho scelto di non inserire alcun suono che non provenisse da quel luogo, inclusa musica di sottofondo. Era importante per me e il mio team lavorare nel modo più naturale ed eticamente corretto possibile. Abbiamo atteso tre anni per completare la scena della “sepoltura celeste” durante gli acquazzoni estivi. Tutto ciò che potevamo fare era attendere in trepidante ansia nel luogo adibito alla sepoltura – dopo circa 43 appostamenti, siamo riusciti a riprendere quando accadeva.
Come mi ha trasformato
Nonostante sia stato un processo lungo e difficile, non cambierei nulla di questa esperienza. Ho avuto modo di creare ricordi indelebili del tempo passato là. Sento che non riuscirò ad uscire da quella foresta per il resto della vita. Nella mia testa, questo è un gruppo di persone spiritualmente ricche e felici. Sono l’incarnazione essenziale della spiritualità. Ho ritrovato in loro le più pure virtù umane – altruismo, gentilezza, e accoglienza. Se esistessero persone perfette in questo mondo, direi senz’altro siano loro.
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