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Jacques Vigne: meditare ci salverà

Come si sconfiggono fanatismo e depressione? Con la salute mentale che nasce dalla meditazione

di Antonella Bassi

 

Jacques VigneMedico, psichiatra, maestro di yoga e meditazione (vive in India da 30 anni, molti dei quali passati da eremita sull’Himalaya): abbiamo incontrato Jacques Vigne a Milano, dove è di passaggio per presentare il suo ultimo libro “L’urgenza di una meditazione laica. Per la cura di sé e degli altri”. In una chiacchierata a ruota libera, abbiamo chiesto allo psichiatra-yogi di parlarci di meditazione, spiritualità e pace.

 

 

 

YOGA JOURNAL: In questo suo ultimo lavoro, propone la meditazione come pratica di benessere rivolta a tutti. Ci spiega che cos’è per lei e a cosa serve?

JACQUES VIGNE: C’è una definizione della meditazione molto semplice, è nelle Upanishad: Antar Chakshuh (Chakshuh occhio, Antar interno, ossia l’occhio che si dirige verso l’interno, l’interiorità). Questo è meditare, guardare all’interno, con un processo intuitivo, non analitico. La meditazione è prossima alle sensazioni, perché le immagini mentali sono basate sulle sensazioni. Meditare fa bene, ci mette al riparo dai grossi rischi del nostro tempo, della società attuale cui apparteniamo.

 

Per questo sostiene che c’è un’urgenza della meditazione?

Assolutamente. Ci sono due rischi: il fanatismo religioso e l’integralismo ad esso connesso da un lato, una vita completamente materiale, proiettata tutta all’esteriorità, senza vita interiore dall’altro. Sono due scogli insidiosi e la meditazione ci aiuta a navigare attraverso e al di là di essi.

 

Di questi tempi in Europa la paura dell’integralismo religioso sta esplodendo…

I fanatici, a qualsiasi religione, schieramento politico o ideologico appartengano, non sono nella ragione e per questo possono diventare violenti. Sono psichiatra e da trent’anni mi interesso alla psicologia religiosa: certe forme di religione sono costruite come paranoie e con la paranoia è molto difficile ragionare. Però quando le persone praticano la meditazione, il rischio è minore, perché sviluppano una giustezza interiore che evita questi eccessi. Servirebbe anche l’umorismo, perché quando si sa ridere di se stessi si guarisce. Se i fanatici sviluppassero umorismo verso loro stessi sarebbero guariti a metà.

 

Il rischio di una vita materiale è quindi forse quello più europeo, occidentale?

In realtà in Asia c’è un grande materialismo sotto una parvenza religiosa, però è vero che ovunque lì c’è quel minimo di spiritualità che offre un’altra dimensione. Quando ero psichiatra in Francia, ho visto gente senza alcuna cultura religiosa o spirituale, ma neppure psicologica o letteraria, soffrire molto, perché non aveva mezzi per guarire o sviluppare la propria vita interiore.

 

Perché la dimensione spirituale è così importante? Non basta un benessere basato su salute, relazioni appaganti e simili?

No, non basta, col tempo nasce una frustrazione. Magari in gioventù c’è la passione di costruire qualcosa e questa passione maschera il bisogno spirituale; ma dopo i 40 anni esso risale alla superficie; non si può nasconderlo indefinitamente, è basilare nell’essere umano. Se non viene soddisfatto, crea una depressione esistenziale o comportamenti equivalenti come assuefazione a sostanze, paranoia religiosa ecc. Secondo me, la paranoia religiosa è molto legata all’assenza di una vera esperienza spirituale. Ciò sviluppa una collera contro se stessi che viene proiettata verso gli altri. La meditazione aiuta a tagliarla alla radice. Quando le persone hanno un’esperienza spirituale reale, non cadono nella paranoia religiosa, politica o ideologica.

 

Per questo è bene che la meditazione sia laica?

Sì, occorre pensare a una meditazione che vada oltre i limiti delle religioni. Non contro le religioni, ma al di là, perché la meditazione e la capacità di cambiare la propria mente sono troppo importanti per limitarsi agli antichi testi, libri o rivelazioni. Sempre più la meditazione va studiata con gli strumenti della scienza moderna. La felicità sembrava una qualità spirituale, ma ora è studiata dalla scienza; l’altruismo sembrava un concetto appannaggio delle religioni, ma ora è analizzato dalla psicologia. È stato il Dalai Lama a metà degli anni Novanta, attraverso il “Mind and Life Institute”, a spronare la ricerca scientifica sui risultati positivi della meditazione e sulle emozioni positive.

 

Nel suo libro suggerisce in particolare due tecniche di meditazione: l’osservazione del respiro e la camminata meditativa. Come mai proprio queste due?

L’osservazione del respiro è una pratica molto laica; tutti gli esseri viventi respirano, dunque non c’è un copyright religioso sul respiro. Inoltre, il lavoro sul respiro è forse il mezzo antistress più semplice ed efficace, perché riequilibra tutto il sistema parasimpatico, la parte del sistema nervoso che è fondamentale nella gestione delle reazioni primitive dell’individuo. La collera, la difesa del territorio, l’amore fisico sono connessi al sistema parasimpatico, quindi se lo si può rilassare e fare funzionare in modo meno reattivo e più calmo, i benefici sullo stress sono immediati. La camminata meditativa è altresì molto importante perché molta gente ha difficoltà a restare a lungo seduta: camminare è più facile. La propongo anche perché secondo studi recenti la sedentarietà è più pericolosa e dannosa del tabagismo, specialmente negli uomini. La meditazione camminata permette di avere allo stesso tempo i vantaggi della meditazione e un esercizio fisico naturale, alla portata di tutti.

 

Chi pratica uno yoga di tipo fisico, magari perché ha mal di schiena, non sempre capisce l’importanza di meditare. Perché dovrebbe iniziare a farlo?

Perché bisogna lavorare anche per il benessere psichico. Inoltre, la meditazione è molto importante per dare stabilità alle esperienze positive che sorgono nel corpo attraverso lo yoga e per farle durare nel tempo.

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