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rappresenta la rotazione del sole intorno ai quattro punti cardinal

La svastica della pace

Identificata con gli orrori del nazismo, la croce uncinata rappresenta in India la rotazione del sole intorno ai quattro punti cardinal

di Giampiero Comolli

 

Svastica 1Ricordo che una volta a Hampi, nell’India meridionale, vidi una donna intenta a dipingere un kolam, un disegno rituale, sul terreno antistante la sua povera casa. Seduta sui talloni, intingeva la mano in un recipiente di pasta di riso, per tracciare con cura una serie di segni bianchi che nella penombra serale spiccavano vividi sul morbido marrone della terra battuta. Avvicinandomi mi resi conto che quelle righe geometriche rappresentavano una grande svastica contornata da una serie di svastiche più piccole. Confesso che al primo istante quel labirinto di croci uncinate mi provocò un moto di sconcerto e ripulsa. Per noi occidentali, infatti, è impossibile dissociare la figura della svastica dall’orrore del nazismo che l’aveva eletta a proprio simbolo. Ma quasi di sicuro quella semplice donna di Hampi sapeva poco o nulla delle spaventose stragi compiute in Europa sotto lo sventolio della bandiera rossa con al centro la croce uncinata nera. E in ogni caso, se tracciava quel kolam a forma di svastica proprio di fronte alla porta di casa, non era certo per attirare le forze del male, ma tutto all’opposto quelle del bene.

 

La ruota del mondo

 

Svastica 2Da millenni infatti, in tutta la regione indiana, il segno della svastica ha un significato di buon auspicio. Lo si appone sui templi, sulle statue degli dèi, sui gradini di casa, sui recinti per il bestiame, sull’involucro di un dono, in quanto simbolo di benessere, di buona fortuna. La croce a quattro bracci di uguale lunghezza, il cui prolungamento ad angolo retto volge in direzione destrorsa o sinistrorsa, rappresenta la rotazione del sole intorno ai quattro punti cardinali, e per estensione diviene simbolo della ruota del mondo che gira intorno a un centro immobile. In particolare, la svastica coi bracci volti a destra è associata alla dimensione maschile e al dio Vishnu, il conservatore dell’universo, mentre quella coi bracci volti a sinistra ha carattere femminile ed è sacra a Kali, l’inquietante dea del tempo, che fluisce distruggendo ogni cosa. Connesse l’una all’altra, svastica maschile e svastica femminile rappresentano dunque il perfetto equilibrio cosmico che ciclicamente si espande e si dissolve. Delle due però la più diffusa – quella più volentieri apposta, quasi come amuleto portafortuna, sugli oggetti della vita quotidiana – è la svastica destrorsa, non solo perché emblema del benevolo e rassicurante Vishnu, ma perché i suoi tratti grafici evocano la rotazione antioraria, e di conseguenza il benefico corso del sole da est a ovest.

 

Un asana tutto suo

 

Del resto che la svastica indiana abbia un significato propizio e positivo, lo si può capire anche dall’etimologia della parola stessa, che deriva dal sostantivo maschile sanscrito svastika, derivato dalla parola svasti, “salute, prosperità, fortuna, felicità”, a sua volta composta da sv, “bene” e asti, “essere”. In sintesi svastica significa “star bene”, come del resto ci ricorda la corrispondente postura yoga: Svastikasana, la posizione prospera e comoda, apportatrice di buona fortuna, con le gambe incrociate e i polpacci che poggiano semplicemente sui piedi. Amato in tutta l’India, il segno della svastica è stato adottato anche dai buddhisti – per i quali rappresenta il Dharma-Chakra, la Ruota della Dottrina – e dai giainisti che lo considerano sacro a uno dei loro grandi maestri: il Tirthamkara Suparshvanatha.

 

Hitler e gli ariani

 

Svastica 3Di remote origini indoeuropee, la svastica, in quanto simbolo solare, era diffusa anche in area mesopotamica. Tant’è che nel 1880 l’archeologo Heinrich Schliemann rinvenì numerosi reperti con il segno della svastica proprio nel sito di Troia. Tale scoperta destò notevole clamore, perché in quegli stessi anni si stava diffondendo, fra archeologi e linguisti, l’ipotesi di un’origine comune dei popoli indoeuropei, all’epoca spesso chiamati ariani (dal sanscrito arya, “nobile, puro”). Forzando i dati di queste ricerche storiche, i primi movimenti nazionalisti tedeschi, a cavallo fra Otto e Novecento, proclamarono allora che gli “ariani” erano un popolo di razza superiore, proveniente dalla Germania del Nord e poi migrato fino in India. Non solo: individuarono anche la svastica come tipico simbolo dell’identità ariana. Questa ideologia fu poi fatta propria, e ulteriormente rafforzata in chiave antisemita, dal movimento nazista, che fin dal 1920 adottò la svastica come emblema capace di esaltare l’orgoglio razziale del popolo tedesco. Fu così, che nel 1935, dopo la presa del potere da parte di Hitler, la svastica divenne bandiera del Terzo Reich.

Carpita dal nazismo, la svastica è ormai improponibile in Occidente. Ma la sua fiorente persistenza in India dimostra la perenne vitalità di questo simbolo millenario.

 

Anche in chiesa

A Milano, nella navata di sinistra della basilica di S. Ambrogio, c’è un sarcofago in marmo, eseguito intorno al 385 d.C., con scene di Cristo fra gli apostoli. Sopra questi splendidi bassorilievi corre un fregio ornato con rosette alternate a svastiche destrorse: alte poche centimetri, sono però tantissime, addirittura un’ottantina. Come mai? Ai tempi dell’antichità classica, in Grecia e in Italia, la svastica era molto diffusa: veniva chiamata gammadion o crux gammata, per la sua forma grafica che richiama la lettera maiuscola gamma, dell’alfabeto greco. Inevitabilmente la diffusione del Cristianesimo, col suo predominante simbolo della croce, finì per oscurare la sua fortuna. Tuttavia il gammadion, come semplice motivo ornamentale, o anche come simbolo funerario (in quanto imparentato non più col sole ma con la croce) continuò a essere usato ancora per lungo tempo, in chiese non solo paleocristiane, ma anche romaniche e gotiche.

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