Home / Saggezza  / Mindfulness  / Metti il karma nel lavoro

Metti il karma nel lavoro

Porta un atteggiamento nobile nel tuo lavoro. Ogni azione diventerà crescita spirituale

di Sally Kempton

Illustrazione di Aimée Sicuro

 

Come molte persone, in qlavorouesto momento probabilmente starai lottando per dare un senso a tutte le difficoltà e le frustrazioni che il mondo del lavoro ti offre. Ma anche se non hai il lavoro dei tuoi sogni, è necessario imparare un diverso atteggiamento. Per rinnovarsi e vivere con nuova energia questa difficile fase economica e sociale.

 

Una nuova prospettiva

 

 

“Il lavoro si trova esattamente tra la fine del tuo tappetino yoga e la vita quotidiana”, mi disse una volta una mia insegnante. Tutti abbiamo bisogno di lavorare, il lavoro è un diritto su cui si fondano le relazioni, la famiglia e la Costituzione. L’attuale stress da lavoro non è soltanto economico, ma soprattutto sociale: “siamo” il lavoro che svolgiamo. Inoltre, se siamo portati a credere che fare un lavoro che ci piaccia sia la via per una vita ricca di soddisfazioni, la situazione economica e sociale in cui ci troviamo ci abbatte. È già un successo riuscire a trovare un lavoro! Spesso lo stato d’animo che ne deriva è uno stato di irrequietezza. Come è possibile trovare un compromesso tra ciò che ami fare e ciò che fai per vivere? Cosa fare se il lavoro è frustrante, sottopagato e senza nessuna inspirazione? La cultura e la storia dello yoga offre molte prospettive di saggezza su questo argomento, perché ciò che più importa non è tanto quale lavoro svolgi, ma in quale maniera lo svolgi. Gli insegnamenti dello yoga e della sua filosofia possono darti gli spunti per rendere il lavoro una pratica interiore. Per rendere chiari i tuoi valori e portare nel lavoro un atteggiamento tale che tutte le azioni riflettano, servano e nutrano questi principi. Questo modo di vedere le cose dona senso anche ai compiti più frustranti e ti rende una persona libera. Ci sono cinque principi guida affinchè le azioni coincidano con una pratica yoga e sono tratte dalla Bhagavad Gita (il testo principe della cultura spirituale induista). Definiscono ciò che in genere viene chiamato “karma yoga”, lo yoga dell’azione. Mettere all’opera questi principi non ti farà ricco, ma renderà più armonica la vita sul lavoro e quella che sperimenti sul tappetino.

 

Fai un lavoro che si adatti alla tua natura

 

È meglio compiere il proprio dovere, anche in maniera imperfetta, che compiere perfettamente quello altrui. È meglio fallire nel compimento del proprio dovere che impegnarsi nel dovere degli altri.

Bhagavad Gita 3-35

 

Se il lavoro che svolgi ti sembra che porti un costante conflitto con te stesso, domandati se sia adatto alla tua natura, valori e passione. Non devi solo capire se sei bravo a svolgerlo, ma anche se ti viene spontaneo, se il suo compimento ti faccia sentire bene, e se sia in sintonia coi tuoi principi. Non è una cosa facile da definire, richiede riflessione, tempo e determinazione. Quando avevo 30 anni lavoravo come agente stampa e pubblicista free lance per una mia insegnante. Ho una naturale predisposizione per la comunicazione, per cui mi sembrava un buon lavoro. Ma una parte molto importante di questa professione implica una grande socialità e la costante presenza a eventi e conferenze stampa. Essendo di natura introversa, trovavo questa parte faticosa e non mi sentivo all’altezza del compito. Quindi, ho compreso che questo lavoro non faceva per me. Saper focalizzare le tue qualità, valori e capacità professionali è un passo avanti per capire come pagare l’affitto, sostenere le necessità della famiglia e, al contempo, esprimere pienamente la tua vita. I prossimi 4 principi sono la chiave per raggiungere quest’obiettivo.

 

Il talento in azione

 

Lo yoga è l’arte di agire

Bhagavad Gita 2-50

 

Lo yoga del l’azione, ossia del lavoro, è il percorso che porta alla liberazione. Lo afferma Krishna ad Arjuna, ma non si riferisce soltanto al compiere bene delle mansioni, bensì a qualcosa di molto più profondo: “essere” il compito assegnato. Parla della qualità dell’attenzione prestata, indipendentemente dal risultato raggiunto; questo è karma yoga. Metti nel lavoro la stessa attenzione che porti sul tappetino nello svolgere un asana difficile: controllo del respiro, allineamenti, gioco tra resistenza e lasciarsi andare… Indipendentemente dal suo perfetto raggiungimento. L’attenzione deve essere posta sia nelle mansioni lavorative che svolgi, sia nella normale vita quotidiana. È la strada per un atteggiamento consapevole dei tuoi compiti, maggiore concentrazione e minori lamentele. Quando mi sento stanca, annoiata, distratta da un compito a volte mi pongo questa domanda: “Supponi che questa sia l’ultima azione che compirai in questa vita, come vorresti fosse svolta?”. Automaticamente il pensiero si rifocalizza. Carlos Castaneda negli “Insegnamenti di Don Juan” diceva che i veri guerrieri portano sempre il pensiero della morte sulle proprie spalle. Anche se può sembrare estremo, il pensiero della morte può accendere il desidero di agire con precisione e portare tutta la tua attenzione e presenza al compito assegnato.

 

Non interessarti del risultato

 

Ti compete soltanto l’agire, non i suoi frutti: non sia il frutto delle azioni il motivo dell’agire.

Bhagavad Gita 2-47

 

Questo è probabilmente l’insegnamento più radicale, ma anche liberatorio, dello yoga del lavoro. È anche il cuore del pensiero di Krishna in merito allo yoga dell’azione: non aspettarti dei risultati. Quando lessi la prima volta questa frase, mi domandai come si possa fare qualcosa senza interessarsi del risultato. Dopo tanti anni di riflessione e pratica, mi sono data 2 tipi di risposte a questa domanda. La prima è che non saprai mai in anticipo come andrà a finire. Se qualcuno leggerà questo articolo. Quante persone arriveranno alla lezione di yoga delle 17. Se la start-up che hai appena intrapreso avrà successo e un giorno sarà comprata da un venture vapitalist. Può anche capitare (è successo a Steve Jobs) che un giorno qualcuno ti esproprierà e lascerà senza occupazione. Ma se stai facendo un lavoro per il gusto di farlo, con attenzione e devozione, piuttosto che per il risultato che ti aspetti, sarai molto meno ansioso se le cose non andranno nel modo che avevi sperato. La seconda risposta è che quando sei così preoccupato e concentrato sul successo o fallimento nel lavoro, apri la strada a tutti gli aspetti negativi legati all’ego. Cominci ad avere paura ed essere schiavo del risultato, prendere decisioni inappropriate oppure rimanere perennemente indeciso. Oppure, ancora peggio, rimani così orientato al risultato che perdi di vista la qualità e il valore delle tue azioni (con il risultato che giustifica i mezzi). Ovviamente praticare questo insegnamento è molto più facile a dirsi che non a farsi. È un percorso che devi imparare a fare giorno per giorno, ora per ora, nel corso della vita. Però immagina i benefici: come sarebbe vivere pienamente l’azione e al momento stesso essere distaccato dalle sue conseguenze. Mentre interiorizzi questi frammenti di saggezza, non temere; non significa che non ti interessa se un lavoro non va a buon fine, non siamo computer. Però ricordati che il contratto con la vita non prevede che tu riesca ad avere sempre ciò che desideri. Quindi, anche nel momento più buio e difficile, almeno non sentirti come una vittima di un progetto più grande che lavora alle tue spalle.

 

Fai del tuo lavoro un servizio

 

Considerati un servitore, e pensa a tutti gli altri esseri come coloro che devono essere serviti.

Commento della Bhagavad Gita 18-65 di Jnaneshwar

 

In una società consumistica come la nostra, pensare di svolgere un lavoro come atto di “servizio” è un cambiamento di paradigma rilevante. Non mi riferisco tanto al tipo di lavoro, quanto all’atteggiamento. Al cuore che ci metti, non solo affinché l’azione sia profittevole, ma per l’amore di svolgerla. Un’attenzione che può essere applicata ovunque, a un cliente, un amico, un membro della famiglia. Alcuni possono avere dei valori anche più trascendenti: servire il pianeta, una divinità, una comunità. Quest’atteggiamento è la chiave di volta per una crescita spirituale, e ti aiuta ogni volta che ti senti inappropriato, scontento, non apprezzato. Il semplice spostare l’atteggiamento da “Cosa ci sto guadagnando?” a ”Cosa posso dare?”, può istantaneamente elevare il tuo umore. Prima di intraprendere un’azione di lavoro, domandati “A cosa può servire il mio contributo?” La risposta, per essere in linea con i valori dello yoga, deve essere qualcosa di più grande del tuo personale egoismo. Se sei un manager, può essere quella di guidare e condurre i tuoi collaboratori alla crescita: anch’esso è un servizio. Il vero karma yogi impara a capire come essere servitore anche nelle circostanze più spiacevoli. Ricorda però che questo atteggiamento non significa immolarsi per una causa, lasciandoti svuotare di te stesso. Le situazioni di lavoro dove prevale l’urgenza, lo sforzo di dare costantemente il 150% delle tue risorse, finché non ti esaurisci, può solo portarti a un inutile senso di colpa e a tanta rabbia. La migliore risposta in questi casi è quella di considerarti un’equazione. Non puoi svolgere adeguatamente il tuo servizio se non ti prendi parimenti cura dei tuoi bisogni, dei tuoi valori, della tua emotività. Devono andare di pari grado affinché la tua azione sia completa.

 

Fa che le tue azioni siano un’offerta

 

Chi compie i suoi doveri senza attaccamento, offrendo i frutti all’Assoluto, è libero da errori.

Bhagavad Gita 5-11

 

L’ultimo insegnamento di Krishna è che, qualsiasi azione tu intraprenda, la devi arricchire di un senso di devozione e gratitudine. Il lavoro che svolgi può essere dedicato alla salvezza del pianeta, al sostegno nella malattia di un tuo caro, al ringraziamento di chi ti ha aiutato ad arrivare dove sei. L’importante è arricchire le tue azioni con una qualità di gratitudine; fare ciò diventerà un rito che darà un senso più ampio del tuo semplice sé a tutto ciò che fai. Ringrazia ogni volta chi ha lavorato con te durante la giornata. Se cominci ad avere questo atteggiamento, anche in maniera puramente formale, ti accorgerai presto che tutto avrà un sapore più profondo e sensato. Come tutti i grandi insegnamenti, questi principi sembrano semplici, ma non sono affatto ovvi. Se li praticherai, noterai come, piano piano, il senso di fallimento o di successo passa decisamente in secondo piano. Solo offrendo con gratitudine le tue azioni, la tua pratica, le tue faccende domestiche, il tuo atteggiamento verso le persone, anche il lavoro diventerà una vera pratica yoga.

 

 

Cos’è la Baghavad Gita lavoro_2

Il nome significa letteralmente “Il Canto del Signore”. È un poema epico e il testo sacro più amato dagli induisti. Krishna, una delle manifestazioni del Dio supremo, scende sulla terra e svela al guerriero Arjuna la struttura morale e spirituale dell’universo, prima della battaglia finale. Arjuna è solo e inquieto, deve affrontare una battaglia ove, nel campo avverso, militano parenti e amici e si domanda se sia meglio desistere dalla battaglia, evitare il conflitto. Il monito di Krishna è che l’essenza dell’essere esiste da sempre e durerà in eterno, ciò che muore è solo un corpo. Il guerriero deve quindi adempiere al suo dovere: se ucciderà, sarà qualcosa che è destinato a dissolversi comunque. La sua azione deve essere quindi pura e devota, indirizzata verso un fine supremo e universale.

ARTICOLI CORRELATI

EQUANIMITA'

Empatizza con gli altri piuttosto che giudicare

Una vita più tranquilla con 10 piccoli cambi di prospettiva

Come far vivere con entusiasmo ai bambini l’esperienza della mindfulness. Ce ne parla Carolina Traverso

LINK SPONSORIZZATI
NO COMMENTS

Sorry, the comment form is closed at this time.