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Sarasvati

Sarasvati è la dea dell’arte, della conoscenza e della parola. Ed è la sposa di Brahma, il dio creatore

di Gianni Da Re Lombardi

illustrazione di Luca Gelosa

 

Sarasvati imgCon il divino marito Sarasvati ha uno strano rapporto di parentela, perché è figlia e allo stesso tempo sposa. Ovvero, siccome Brahma era l’unico essere in circolazione prima di creare l’Universo e, poiché si sentiva solo, la sua sposa è stata una delle prime cose che ha pensato di realizzare. Uno dei pochi casi nella storia dell’Universo in cui il marito ha generato dal nulla la sua moglie e amante, che è quindi metaforicamente anche sua figlia.

 

 

Dea delle arti

Sarasvati è la dea di arti come musica, pittura, letteratura e poesia. La dea è venerata sin dall’epoca vedica e forse in origine era l’impersonificazione di un fiume dallo stesso nome, una divinità fluviale che portava benessere alla civiltà sconosciuta e misteriosa di Harappa e Mohenjo-Daro, dove sono state trovate le più antiche tracce di scrittura dell’India. Il fiume oggi è scomparso, il culto di Sarasvati invece è rimasto. Curiosamente, nel giorno dedicato alla dea (durante la festa di Navaratri, “nove notti”, nel primo giorno di primavera che in India cade tra gennaio-febbraio), non si può né leggere né suonare. Gli strumenti musicali vengono puliti, posti sopra un altare e venerati come dimore della dea, non si usano perché devono essere usati durante tutto il resto dell’anno.

 

 

Parola mia

Sarasvati è anche la dea della parola (vac), perché questa è il veicolo del sapere, conferisce forza e intelligenza a coloro che la usano. Infatti, secondo il mito, Sarasvati è l’inventrice della lingua sanscrita, attraverso la quale ha rivelato all’uomo il potere della parola, parlata e scritta. La parola è fondamentale per rappresentare la realtà e per creare il mondo: nel senso mitologico e nel senso metaforico. Ogni volta che lo descriviamo, infatti ri-creiamo il mondo, ovvero ne creiamo uno, più o meno corrispondente alla realtà: se diciamo “un bosco ombroso” oppure “una buia foresta” magari possiamo riferirci esattamente alla stessa estensione di grandi e bellissimi alberi, ma creiamo due rappresentazioni totalmente diverse. Per creare il mondo Brahma si congiunse quindi con la parola, in analogia (anche se non con gli stessi significati filosofici e teologici) a quanto dicono la Bibbia e il Vangelo di Giovanni: «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio». Simbolicamente dunque, l’importanza divina della parola rappresenta il fatto che gli uomini hanno cominciato ad avere consapevolezza di sé quando hanno iniziato ad elaborare il linguaggio e ad usarlo per raccontare i miti, le esperienze collettive, e per trasferire la conoscenza. Un processo che, dall’elaborazione della tradizione orale dei miti fino alla loro trascrizione su papiro, pergamena o foglie di palma, ha richiesto secoli se non millenni.

 

La conoscenza in persona

Diventando la sposa di Brahma, Sarasvati è quindi la personificazione dell’infinita conoscenza divina. Libri e testi tradizionali in India vengono infatti considerati una manifestazione della dea, a testimonianza anche dell’importanza che viene data alla comunicazione scritta e alla conoscenza. L’atteggiamento di grande rispetto della cultura indiana per la scrittura (e quindi l’attenzione per ogni forma di conoscenza) è una delle spiegazioni del grande successo dell’India nelle nuove tecnologie e nello sviluppo del software.

 

In adorazione alla dea

Gli adoratori di Sarasvati perseguono lo studio e la conoscenza come via per raggiungere la liberazione dal samsara, il ciclo continuo delle morti e delle rinasci­te, caratteristico della filosofia induista e buddhista. Si tratta di quella via conosciuta come Jñana Yoga, lo yoga della conoscenza per la crescita spirituale, raggiunta attraverso lo studio dei testi sacri e dell’esempio tramandato dai grandi saggi. Sono possibili due in­terpretazioni: lo studio dei testi tradizionali; lo studio e la conoscenza di sé stessi. In entrambi i casi è più facile dirlo che farlo. Secondo le “Upanishad” la disciplina interiore che porta alla conoscenza si articola in sette stadi. La buona volontà, ovvero il desiderio sincero di iniziare il proprio percorso di crescita spirituale. La riflessione sugli insegnamenti. La sottigliezza della mente e la capacità di concentrarla su un solo punto, da sviluppare con la pratica. La percezione dell’essenza delle cose, ovvero che tutto è illusorio. Il distacco temporaneo dal mondo dell’illusione, via via sempre più volontario e duraturo, anche questo da sviluppare con la pratica. Il distacco permanente e, infine, il traguardo della liberazione, attraverso la contempla­zione del principio divino dell’Universo, in cui lo yogi entra in uno stato di coscienza che è al di là dei tre stati normali, cioè veglia, sonno e sonno profondo.

 

Le misteriose sorgenti

Sarasvati, detta anche “ricca d’acqua”, è una dea dall’origine doppiamente misteriosa. Nei “Rigveda” si parla di un antico e fecondo fiume con il suo stesso nome e di cui lei è la dea. Archeologi e geologi non hanno ancora scoperto con precisione di quale fiume si tratti, perché nel nord-ovest dell’India oggi ci sono diverse aree desertiche che, in un’epoca imprecisata fra 6000-1500 a.C. erano attraversate da fiumi, talvolta divisi in più corsi. Il misterioso fiume Sarasvati con il tempo è scomparso, forse anche a causa di movimenti tettonici dell’area, ma la dea è rimasta ed è cresciuta la sua importanza, mentre le popolazioni che vivevano sul suo corso forse si sono trasferite nella valle del Gange. Sarasvati probabilmente era una divinità fluviale pre-ariana che, nonostante il suo fiume sia scomparso nel nulla, successivamente è stata accolta fra le più importanti divinità dell’induismo.

 

Simbologia

Sarasvati è una bellissima donna vestita di bianco, senza gioielli o con pochissimi ornamenti, in abiti piacevoli ma austeri. Nelle rappresentazioni iconografiche ha due, quattro oppure anche otto braccia. Quando ha quattro braccia spesso porta un liuto, un libro, un mala e infine un pungolo per guidare gli elefanti. Le quattro braccia assumono anche un altro significato simbolico: la mente, l’intelletto, la coscienza e l’ego.

Il suo veicolo è l’oca selvatica simile al cigno, hamsa, l’animale che rappresenta il discernimento e l’evoluzione spirituale. In alcune rappresentazioni il suo veicolo è il pavone, uccello vistoso e bellissimo che rappresenta l’arroganza e la vanità, ma che viene sottomesso dalla dea. In genere Sarasvati è rappresentata accanto a un fiume, che, oltre a ricordare le sue origini di dea fluviale, rappresenta lo scorrere della parola e della sapienza.

 Sarasvati 3

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