Sport: dopo i 40 è più bello
L’occasione per rivivere l’entusiasmo dell’adolescenza. Alla luce della propria maturazione
di Simona Acquistapace
Cominciare uno sport dopo 40 anni di “fermo-immagine”? Oppure rinnovare la passione giovanile per il calcio o l’atletica e trascorrere ogni momento libero in calzoncini? Tra i 40 e i 50 anni molte persone riscoprono le gioie dello sport. E spesso anche i dolori, perché esagerare con l’attività fisica senza adeguata preparazione può scatenare piccoli e grandi guai fisici. E anche psicologici. «Non bisogna banalizzare l’attività sportiva, come una specie di cosmesi anti-invecchiamento», mette in guardia Enrico Mariani, medico internista e antroposofo, specialista in medicina dello sport e scienze dell’alimentazione. «Lo sport può invece essere una buona occasione per ritrovare un proprio equilibrio, insieme fisico ed emotivo, a condizione che sia vissuto come un’esperienza personale, alla luce della consapevolezza di ciò che si è».
Anni di cambiamento
Secondo l’antroposofia (la filosofia ideata da Rudolf Steiner), la vita di ogni essere umano scorre seguendo ritmi di sette anni che accompagnano dapprima la crescita fisica e, in seguito, quella psicosociale. Già 2400 anni fa Aristotele spiegava come l’uomo, alla nascita, disponga di forze vitali nel corpo fisico, forze che si potrebbero definire “di conformazione e di crescita”. È grazie a queste forze che l’essere umano incrementa le sue dimensioni corporee in modo quasi esponenziale nel primo settennio di vita. Poi la crescita fisica progressivamente rallenta, sino a concludersi nel terzo settennio d’età. Aristotele si pone la domanda: «In che direzione vanno le forze di conformazione e di crescita dopo che il corpo fisico ha raggiunto la sua maturazione?». La sua risposta è attualissima: «Queste forze cambiano aspetto e diventano forze dell’anima». I settenni successivi al ventunesimo anno, dunque, sarebbero portatori di cambiamenti interiori via via più delicati, più sottili e non direttamente percepibili all’esterno: determinate crisi esistenziali, o momenti di cambiamento, avverrebbero proprio al passaggio da un settennio all’altro.
Il settimo settennio
«Il settimo settennio, quello dai 42 ai 49 anni, è fatidico: ci si volge all’indietro, ai contenuti che hanno caratterizzato la fase adolescenziale, ovvero alle forze vitali di conformazione e di crescita», spiega Mariani. È una fase della vita in cui si diventa maggiormente consapevoli del proprio passato e nel contempo ci si chiede cosa si desidera dal proprio futuro. Non è il cervello che parla con la sua fredda logica formale, ma è il cuore, con le calde tonalità del sentimento: si prova una nostalgia per antiche emozioni che si desidera rivivere. Questo slancio va colto per quello che è: un messaggio di ritorno fecondo a una stagione di vigore ed entusiasmi, «Ecco il perché della pratica sportiva rinnovata oppure finalmente scoperta: dopo i 40 anni, per molte persone ritrovare energie nuove nel proprio corpo rappresenta una sorta di necessità». Inconsciamente, si avverte il desiderio di fare qualcosa che nutra insieme la propria anima e il proprio corpo, qualcosa che dia più significato all’esistenza.
Il piacere di muoversi
Concludere una maratona, salire in bicicletta fino a una vetta o semplicemente camminare a lungo, per sfuggire a una pigrizia esistenziale che blocca la volontà: ognuno può trovare il suo obiettivo, da vivere con slancio, ma anche con le consapevolezze acquisite attraverso il proprio percorso di vita, la propria maturità. Va colta l’opportunità di vivere ogni fase della vita per quello che si è. Inutile e dannoso strafare, pretendere da se stessi quello che si faceva da adolescenti: non va perseguita la performance (se no il corpo si ribella), ma il piacere di ritornare in contatto con il calore e la passione di quando il corpo era “nuovo”, facendo al contempo tesoro della propria maturazione. Una prova positiva: spesso l’attività sportiva viene vissuta in compagnia. Diventa perciò un’occasione di scambio con altre persone: anche questo fa parte del “calore” che richiama le esperienze di socialità tipiche dell’adolescenza.
La consapevolezza di sé
Rimettere in moto il proprio corpo in armonia con la natura e i suoi ritmi deve essere un autentico atto di consapevolezza, una tensione positiva verso scelte di benessere fisico, psichico e sociale. Chi fa una vita sedentaria finisce per diventare sordo alle richieste del proprio corpo. Ma non è un processo irreversibile: «Basta ricominciare a camminare, con costanza, meglio se nella natura, per predisporsi di nuovo all’ascolto del proprio respiro, del battito del cuore, del contatto del piede con il suolo. E “risintonizzarsi” su se stessi».
Respirare la salute
Il movimento è una delle espressioni di un’assunzione di responsabilità individuale nella cura della salute. «In quest’ottica, l’attività aerobica può costituire un momento vitalizzante, perché rende consapevoli di come l’organismo sfrutta l’energia che gli viene dall’aria e dagli alimenti», suggerisce il dottor Mariani. In un’attività fisica di resistenza come la corsa, per esempio, si instaura una vera e propria respirazione interna, la respirazione cellulare, in cui l’ossigeno veicolato dal sangue raggiunge le cellule degli organi interni insieme all’energia derivante dagli alimenti. L’ossigeno e l’energia alimentare entrano infine nei mitocondri, le microscopiche centraline dove avvengono le reazioni chimiche che producono energia metabolica aerobica. «Questa respirazione è importantissima per il mantenimento della salute, perché l’ossigeno, attraverso i mitocondri, fa respirare i muscoli e anche gli altri organi», sottolinea Mariani. Un allenamento aerobico, dunque, abitua l’organismo a sfruttare in questo modo l’energia. Chi ha abitudini di vita sedentarie può porsi un obiettivo abbastanza semplice e alla sua portata: 10.000 passi al giorno, meglio se nel verde, ma anche per la città, magari modificando e allungando i propri percorsi abituali. Il contapassi sarà un alleato per monitorare il raggiungimento dell’obiettivo. Per chi fa yoga e ha ovviamente già una qualità respiratoria superiore, è utile integrare la pratica con camminate in ambienti naturali, a diretto contatto con il Prana: walking e trekking svolti con assiduità sono alleati ideali.
104 anni da record
100 m in 32,79 secondi. Un tempo mediocre, se a compierlo non fosse stato un uomo di 104 anni. Stanislaw Kowalski, polacco, è il centenario più veloce d’Europa: ha stabilito il suo record a una manifestazione sportiva a Breslavia riservata a uomini anziani. Racconta di essersi sempre mosso a piedi o in bicicletta, ma di avere scoperto la corsa solo a 92 anni. Da allora corre 10 km al giorno, un’abitudine, ma soprattutto un piacere cui proprio non vuole rinunciare.
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