Yogi Bhajan
Il Kundalini Yoga agisce direttamente sui chakra e sull’aura, quindi sull’energia del Sé. Come spiegava Yogi Bhajan
di Letizia Michelozzi
È conosciuto come lo “Yoga della consapevolezza”, perché il Kundalini Yoga espande la coscienza di ogni singolo individuo al fine di fonderla con quella universale e infinita. Questo è possibile grazie a un’efficace “tecnologia” (come la chiamano gli adepti) rappresentata dai kriya: specifiche sequenze composte da posture, movimenti, esercizi respiratori e suoni che utilizzano differenti modalità di concentrazione. Gli effetti della pratica sono molto potenti e permettono di affrontare e andare oltre le rigidità personali e poter così approfondire la conoscenza di se stessi.
Ciò si realizza attraverso l’esperienza di stati più elevati di coscienza ottenuti in tempi molto brevi. Sembra che con i kriya scelti, in modo appropriato e a seconda del singolo, tale trasformazione possa essere raggiunta da qualsiasi praticante, anche da chi ha una flessibilità corporea molto ridotta o da chi ignora qualsiasi tecnica di meditazione. L’esercizio continuo, perciò, porta a una più profonda connessione con se stessi e con l’Universo, accresce la sensibilità personale e sviluppa una più chiara percezione di sé e dell’ambiente.
L’eredità del maestro
Il Kundalini Yoga è una scienza che agisce direttamente sui chakra e sull’aura, quindi, sull’energia del Sé. E come diceva Yogi Bhajan (nella foto), celebre maestro di questo stile: «Possiamo essere al di sopra di essa, cavalcando il flusso di energia, o al di sotto ed esserne, quindi, cavalcati. È il potenziale creativo presente in ogni essere umano. È conosciuto come la forza dell’anima che deve essere risvegliata. Si può sperimentare solo quando l’energia del sistema ghiandolare si combina con quella del sistema nervoso per creare uno stato di elevata sensibilità». Verso la fine della sua vita, il Maestro ha insegnato diversi metodi di meditazione e di kriya per sviluppare ciò che ha chiamato il “Sistema Sensoriale del Sé”: «una chiave esistenziale importante per l’eccellenza dell’essere umano e fondamentale per la vita nell’Era dell’Acquario». Ha spiegato, inoltre, che: «il dono di praticare lo yoga Kundalini, si realizza nell’abilità di incontrare il proprio ego e di chiarire i suoi attaccamenti, liberandosene, in modo da gioire nella luce dell’anima».
Gli effetti della costanza
Nella sequenza esiste una parte precisa, anche da un punto di vista scientifico, sulla stimolazione di ghiandole e meridiani. La pratica prevede un insieme di esercizi, asana, tecniche di pranayama e di meditazione, eseguite in India da millenni. Mantiene il corpo in forma e allena la mente a essere forte e flessibile per affrontare stress e cambiamenti, migliora la circolazione sanguigna, aiuta a espellere le tossine, riequilibra l’attività del sistema ghiandolare e nervoso. I primi effetti tangibili sono: maggior controllo, concentrazione e calma interiore data da un rapporto diretto con la parte più profonda di sé. Infine, la velocità: si dice, infatti, che sia possibile realizzare in un anno ciò che potrebbe essere fatto in venti.
Yogi bhajan, un carisma coinvolgente
Harbhajan Singh Puri, “il leone che canta la gloria divina del Nome di Dio”, nacque il 26 agosto del 1929 in un piccolo villaggio del Kot Harkam, Tehsil Wazirabad, situato in una parte dell’India che dal 1948 è stata inglobata al Pakistan. Suo padre era medico e sua madre una donna profondamente spirituale, che il maestro amava ricordare così: «Nella mia vita non avrei potuto diventare egocentrico perché mia madre non lo avrebbe tollerato». A otto anni, cominciò a praticare yoga sotto la guida di Sant Hazara Singh e, a sedici anni, divenne Maestro di Kundalini Yoga. Due anni dopo, durante i tumulti della Partizione in India nel 1947, portò in salvo 7000 persone, guidandole a piedi per 325 miglia, fino a New Delhi. Yogi Bhajan studiò la religione comparata e la filosofia Vedica. Si laureò alla Punjab University in Economia e conseguì un Ph.D. in Psicologia della Comunicazione alla University of Humanistic Studies di San Francisco. Nel 1952 sposò Inderjit Kaur, dalla quale ebbe tre figli. Nel 1968 fu invitato a insegnare yoga alla Toronto University. A Los Angeles, incontrando un gruppo di giovani hippies, si rese conto che l’esperienza della consapevolezza profonda, ricercata in quegli anni anche attraverso le droghe, poteva essere raggiunta con le “tecnologie” del suo insegnamento che venne, poi, ufficialmente riconosciuto nell’ambito di programmi di recupero per la tossicodipendenza negli Stati Uniti, in Unione Sovietica e in Europa. La tradizione del Kundalini Yoga prevedeva la trasmissione orale degli insegnamenti entro una cerchia ristretta di maestri e discepoli. Yogi Bhajan decise che era venuto il momento di diffondere a tutti i segreti di questa antica scienza. A questo scopo fondò un’organizzazione non-profit, la 3HO Foundation (Healthy, Happy, Holy Organization). Yogi Bhajan è morto il 6 ottobre 2004 nella sua casa di Espanola in New Mexico all’età di settantacinque anni.
Il turbante bianco
Secondo il Kundalini Yoga, indossare un copricapo, quando si insegna, permette di gestire meglio il sesto centro, Ajna Chakra, o Terzo occhio. Il turbante, meglio se bianco e di fibre naturali, avvolge la testa con 5-7 strati di stoffa. In base alle teorie del Kundalini Yoga si copre il capo, e preferibilmente l’intera testa, per stabilizzare la materia cerebrale e le ventisei parti del cervello che sono interconnesse con il sistema neurologico e il campo elettromagnetico. Ciò consente di creare un punto di concentrazione del circuito funzionale degli emisferi e sintonizza il sistema neurologico.
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