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Gajasana: la forza dell’elefante

Gajasana dona stabilità ed energia. Riequilibrando corpo, mente e spirito

di Maurizio Morelli

foto di Giorgio Majno

 

Tutto sembra iniziare quasi per caso, così narra un’antica leggenda indiana. Aditi, dea ancestrale e misteriosa da cui tutto origina, ebbe sette figli. Costoro, assai poco ordinati, mentre modellavano una forma umana, gettarono via della carne in avanzo e da essa nacque il primo elefante. Per questo motivo si ritiene che il maestoso animale partecipi alla natura umana, essendo stato creato con la stessa carne, e che la sua saggezza e longevità siano frutto di antiche conoscenze che l’umanità ha dimenticato. Le orecchie enormi rappresentano il dono di ascoltare e capire, la sua memoria prodigiosa un collegamento diretto con il più remoto passato. Inoltre, l’elefante è simbolo di socialità, pazienza, sicurezza del proprio agire e armonia con l’ambiente. Altro elemento di grande suggestione è la proboscide, il lungo naso con cui gli elefanti sono in grado di compiere gesti estremamente precisi, tanto da essere definiti nel “Rig Veda” come animali con una mano. Ma la simbologia più importante è sicuramente quella relativa alla forza, stabilità e regalità che questo animale esprime: otto elefanti sostengono e proteggono gli otto cancelli del mondo, i sovrani lo impiegavano come cavalcatura e l’offerta di un elefante bianco rendeva i regni potenti e protetti contro ogni nemico. Universalmente è considerato simbolo di prosperità e buona fortuna. Nella simbologia dei chakra l’elefante è presente ben due volte: in Muladhara (primo chakra, perineo) e in Vishuddha (quinto chakra, gola).

 

Dedicato al pachiderma

Lo yoga ha consacrato all’elefante una postura: Gajasana, che si può eseguire in modi diversi. La variante più semplice, ha il vantaggio di favorire una precisa consapevolezza del movimento e delle differenti condizioni di rilassamento o, eventualmente, resistenza e tensione. Inizia assumendo una buona posizione eretta, con i piedi separati alla larghezza dei fianchi (al massimo delle spalle), in modo che risultino paralleli. Dedica tempo all’ascolto del respiro, percependo il baricentro, il contatto dei piedi con il suolo, l’assenza di tensione, specialmente in ginocchia e caviglie. Rilassati dal capo verso la vita, lasciando scivolare avanti e in basso prima la testa e poi tutto il tronco, in un piegamento in avanti, nel frattempo il baricentro scivola indietro. Senza alcun minimo sforzo, agisci solo attraverso il rilassamento, lasciando libera azione alla forza di gravità. Le gambe rimangono diritte, senza spingere le ginocchia indietro, ma tenendole leggermente flesse, se apporta maggiore conforto e stabilità, soprattutto a livello della regione lombare.

 

Rilassamento progressivo

Se ti lasci andare alla forza di gravità, riducendo le resistenze, puoi avvertire rilassamenti progressivi in diverse aree del corpo, specialmente in schiena, addome, collo, spalle e viso. Al tempo stesso, con una delicata azione di consapevolezza, puoi favorire il rilassamento in queste aree e in generale in tutto il corpo. La respirazione è sempre molto leggera ed espande l’addome, specie in direzione laterale. La fase statica può essere progressivamente incrementata fino a 15 minuti, ma anche solo 2-3 minuti sono sufficienti. Per statiche prolungate conviene inserire un lieve e molto lento dondolio che può essere in avanti e indietro o anche laterale, passando cioè il peso da un piede all’altro.

 

Lento ritorno

Anche la fase di ritorno alla postura eretta è un elemento essenziale dell’asana, da eseguire con una certa lentezza e molta attenzione, oltre che al rilassamento di schiena e collo, alla posizione del baricentro. Mentre il tronco si srotola, il baricentro scivola gradualmente in avanti per tornare a occupare, una volta eretti, una posizione neutra e centrale. Nel riportarti in posizione eretta: per prima cosa apri gli occhi (nel caso fossero chiusi, per ridurre il rischio di vertigini e perdite di equilibrio), poi fletti le ginocchia un poco; quindi srotola il busto sino a portarti eretto. In questo percorso collo e testa rimangono rilassati fino all’ultimo, sono infatti le ultime parti a collocarsi sulla verticale.

 

1° variante statica

Gajasana la forza dell’elefante 1

La posizione eseguita con le mani a terra dona il massimo dei vantaggi, riguardo la presa di consapevolezza del piano terreno e della consapevolezza dell’elemento terra (collegato al primo chakra, Muladhara). Una variante molto utili può essere quella con le braccia incrociate. Una volta assunta la posizione finale, con capo abbassato, incrocia le braccia e appoggia la fronte su un avambraccio. In tal modo favorisci una maggiore distensione vertebrale.

 

2° variante statica

Gajasana la forza dell’elefante 2

Un’altra possibilità è quella di unire le mani dietro la schiena (a partire dalla postura eretta) e, dopo una profonda inspirazione con espansione in avanti del petto, flettere il busto lasciando scivolare in avanti le braccia unite. Poi si lascia agire la forza di gravità, ottenendo (oltre che una marcata azione di apertura e distensione dell’articolazione scapolo-omerale) un preciso effetto di trazione vertebrale, focalizzato nella regione lombare, una trazione gradevole, benefica e frequentemente necessaria.

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