Le vocali della nascita
Un canto primordiale per prendere contatto con il proprio bambino nella pancia e vivere senza dolore il parto
di Corinna Montana Lampo
Esiste uno stretto legame tra suono e sviluppo umano. Fin da tempi ancestrali, le donne hanno sempre cantato durante il parto, la madre stessa oppure una o più donne insieme davanti alla gravida. Anche semplici sussurri al proprio bambino, già da quando è nella pancia. In particolare, il canto carnatico, detto “canto delle vocali”, è una tradizione che nasce nel sud dell’India intorno al 2000 a.C. Tramandato di generazione in generazione, negli anni ’70 è stato ripreso e portato in Europa da un ginecologo francese, Frédérick Leboyer. Proposto alle donne in gravidanza soprattutto come tecnica di autosostegno durante travaglio e parto, per prendere coscienza di sé attraverso la voce, si può utilizzare anche in fase prenatale per creare un legame con il nascituro.
Un valido aiuto
«Il canto carnatico viene proposto alle donne incinte nei corsi di accompagnamento alla nascita, come tecnica di interiorizzazione e metodo di controllo e sopportazione del dolore per il parto» spiega Jennifer Ganda, ostetrica dell’Associazione Hebiana (www.ostetrica-parma.it). Si tratta di vocalizzazioni con un suono di sottofondo, prodotto da uno strumento indiano, la cambusa. Si inizia sussurrando una M, per passare alle vocali A-E-I-O-U, e finire di nuovo con una M. I suoni vengono modulati insieme al respiro, per tutto il tempo della fase di espirazione, con effetti profondi a livello psichico ed emotivo. Il canto si basa sulle raga (“emozioni”), le 72 note indiane alla base dei canti sacri. Grazie al canto carnatico si possono scoprire le proprie sonorità, strumento importante per la propria ricerca interiore. Il canto carnatico affina la consapevolezza della respirazione addominale, di fondamentale importanza in gravidanza e durante il parto, per sciogliere la muscolatura, dopo anni di tensione per cause varie. La prima cosa che viene insegnata, infatti, è il corretto utilizzo del diaframma per attuare la respirazione profonda. Un aiuto per guidare il corpo soprattutto nella fase espulsiva del parto, lasciandosi attraversare dal dolore e scaricando le tensioni, ma risparmiando le energie e vivendo il travaglio in modo attivo. Un’altra parte del corpo sulla quale agisce il canto carnatico è la gola: il suono ne determina il rilassamento e, poiché gola e utero sono collegati (se la gola è distesa lo è anche l’utero e viceversa), se ne può ben comprendere l’importanza legata al parto. «Durante le contrazioni – continua Jennifer Ganda – la partoriente può essere aiutata nei vocalizzi dall’ostetrica, oppure con un cd che funge da base sonora. Grazie alle vocalizzazioni aumenta l’ossigenazione, i muscoli si rilassano e si alza la soglia del dolore. Le corde vocali vibrando mettono in vibrazione tutto il corpo. In particolare, nel canto carnatico, la vocale A favorisce il rilassamento della gola e come conseguenza si ha una maggiore dilatazione vaginale durante il parto». L’emissione dei suoni più gravi, poi, favorisce la distensione del perineo. Non ci sono solo benefici fisici: il canto produce una sensazione di piacere in chi lo pratica poiché libera le endorfine. La voce risulta essere uno dei mezzi analgesici più potenti durante il travaglio. Concentrandosi sull’emissione del suono, la partoriente facilita il pensiero positivo, che serve a mantenere una mente lucida, senza farsi prendere dal panico, così da facilitare la nascita del bambino. «Il suggerimento è dedicare 10 minuti al canto, ogni giorno – consiglia l’ostetrica – durante tutto il periodo della gravidanza, per ritagliarsi del tempo per se e allenare il canto». «Inoltre, se abbinato a una pratica yoga, il canto carnatico affina e completa il lavoro degli asana – spiega Beatrice Benfenati del Centro A.S.I.A. di Bologna – Nei corsi di yoga per la gravidanza che, oltre all’esecuzione di posizioni mirate in preparazione al parto, prevedono una sessione di canto delle vocali, grazie alla modulazione del suono, si possono amplificare i benefici di alcune posture (posizione accucciata, posizione seduta sui talloni con braccia avanti, allungamenti su un fianco etc.). E viceversa, grazie alla pratica degli asana, accrescere i benefici del canto». Da un lato, gli asana donano maggiore sensibilità al lavoro mirato sulla respirazione addominale (lunga, lenta e profonda) associata al proprio ritmo respiratorio. Dall’altro, l’emissione del suono attraverso le vocalizzazioni migliora e approfondisce la consapevolezza del proprio corpo.
CREARE UN CONTATTO
Già dalla 3° settimana di gestazione il feto possiede un orecchio, che diventa funzionante verso la 16° settimana e dunque inizia a sentire i suoni, riconosce il battito cardiaco e il ritmo respiratorio della mamma. Ecco che dunque il canto è un importante strumento per mettersi in contatto con il proprio bambino. È consigliato dunque praticare il canto carnatico fin dai primi mesi di gravidanza. La stessa voce della madre, poi, sarà quella che farà sentire al sicuro il bambino quando, una volta nato, avrà bisogno di accudimento.
UNA DOLCE VARIANTE
«Il “canto evolutivo” è una versione interiorizzata delle vocalizzazioni. In questo caso si lavora essenzialmente sulle percezioni sensoriali e non sulla manipolazione muscolare», spiega Bronislawa Falinska, cantante e docente universitaria, dell’Associazione Insieme (www.assinsieme.com). Qui, attraverso le vibrazioni sonore si ricerca in modo particolare la connessione corpo-mente. «La presa di coscienza del proprio suono – continua l’esperta – passa attraverso il 5° chakra (sede di espressione e creatività, legate alle emozioni). Il canto evolutivo è dunque un ottimo strumento per la presa di coscienza e per ritrovare il proprio potere femminile. In tal modo, al momento del parto, la donna è in grado di vivere le contrazioni in modo più armonico».
L’IDEATORE
Frédérick Leboyer è un ginecologo francese che ha inventato il “parto dolce”. Una serie di condizioni che permettono al neonato una nascita senza traumi. Dopo il parto, il bimbo viene adagiato sul ventre della madre, affinché continui a sentirne il calore e il battito cardiaco, per riprendersi dallo stress del parto. Il cordone ombelicale viene lasciato e reciso solo dopo che ha smesso di pulsare, in modo da facilitare e rendere meno traumatico il passaggio alla respirazione polmonare. A mamma e bambino viene lasciato un po’ di tempo per “conoscersi”: bagnetto e procedure mediche post-parto possono aspettare. Tutte le operazioni che coinvolgono il bambino dovrebbero avvenire in modo molto delicato, evitando rumori, movimenti bruschi e luci troppo intense. Le sale parto dovrebbero corrispondere a questa esigenza, essere quindi ambienti confortevoli, isolati acusticamente e senza luci intense. Molte di queste indicazioni sono state recepite da tanti reparti di ostetricia degli ospedali di tutto il mondo. A Leboyer si deve anche l’introduzione nel mondo occidentale del massaggio neonatale e l’utilizzo del canto carnatico.
CD AUDIO
Frédérick Leboyer, Canto e respirazione energetica, Edizioni Red!, € 8,42
Da leggere
Beatrice Benfenati, Dall’epidurale alla meditazione, Eugea Edizioni, € 19,50
LINK SPONSORIZZATO

ARTICOLI CORRELATI
Un buon insegnante capitalizza tutta la sua esperienza di vita nello yoga. Parola di Piero Vivarelli
Le riunioni in famiglia per le feste a volte ci fanno vivere vecchi clichè. Trasforma il karma in un’opportunità di crescita personale