In memoria di Carla Perotti
La Maestra Carla Perotti ha lasciato il suo corpo fisico. Ma a noi che abbiamo avuto il privilegio di conoscerla e frequentarla, ci ha confidato di essere andata solo “nell’altra stanza”.
È il 1962. Una Citroen-Maserati corre a 170 km orari sull’A12, l’Autostrada Azzurra, da Santa Margherita Ligure verso Genova. Carla Perotti si trova al posto del passeggero, accanto al marito, due amiche sono sedute sul sedile posteriore. In curva, nell’unica galleria presente in quel tratto di strada, li attende un camion, fermo per avaria. In un tempo che non è più lineare Carla pre-vede l’impatto. “Vuoi venire o vuoi restare?” le chiede una donna alla destra di un uomo vestito di bianco, sotto un grande arcobaleno. “Vorrei restare, perché mio figlio è ancora piccolo”. “Va bene, tu rimani, ma la tua vita cambia”. Il tempo riprende la sua corsa ordinaria e l’auto viene tranciata a metà, a pochi centimetri dalle gambe di Carla, che rimane illesa, come tutti gli ospiti di quella automobile miracolata.
Una vita donata
“Io non ho fatto niente per cambiare, ma la mia vita, da quel momento, mi è cambiata fra le mani” ci racconta Carla, che di anni oggi ne ha 87, e ha appena finito di guidare la lezione di yoga delle 8 di mattina. “A quel tempo, facevo uno yoga fisico molto semplice, che però evidentemente aveva preparato il terreno per un cambiamento. Da allora ho approfondito la pratica. Quando cominciamo a fare yoga profondamente è perché abbiamo il presentimento di un’altra dimensione”.
Un’altra dimensione che in questa esperienza sembra accavallarsi in modo insolito a quella comune. Solo successivamente, infatti, Carla scopre che l’uomo vestito di bianco è Aurobindo, mentre riconosce immediatamente Mère nella donna in piedi al suo fianco. “Da quel lontano giorno del 1962 mi sono stati donati tanti anni, così nel 2014 ho desiderato saldare il mio debito di riconoscenza verso Mère e ho iniziato a scrivere un libro su di lei (La madre dei mondi, Edizioni La Grande Via).
Una vita nello yoga
Di questo tempo che le è stato concesso sono riconoscenti anche le centinaia di allievi che Carla ha accompagnato in oltre cinquant’anni di insegnamento, soprattutto a Torino, dove nel 1958 ha fondato il primo centro yoga della città, Sadhana, “la via che conduce verso il Sé”. “All’inizio eravamo un piccolo gruppo di cinque o sei allievi al seguito del maestro indiano Dharmarama”. Da questo nucleo ha inizio la trasformazione di Carla che, come lei stessa ammette, “per arrivare al piano del carattere, deve essere graduale”. Ma ci sono incontri speciali che fanno eccezione e accelerano il cammino in modo imprevisto: “quando si incontra un maestro ci viene offerta in modo immediato la possibilità di compiere un ‘salto quantico’”. Carla se ne rende conto nel 1960, anno in cui incontra il medico e musicologo Jean Klein: “ho intuito subito che era il mio maestro. In quella circostanza si prova un’emozione profonda: tutto quello che hai fatto fino a quel momento appare inutile. Jean Klein mi ha fatto familiarizzare con i miei meccanismi; mi ha insegnato che ogni volta che mi sento infelice accade perché ho delle aspettative. Le aspettative sono figlie di questa nostra disperata abitudine di separare il bene dal male… Mio padre era il medico di Gustavo Rol, grande sensitivo. Rol sosteneva che bisogna essere una grondaia, lasciare scorrere, come si dice in Oriente. Le aspettative sono il risultato delle nostre proiezioni. Annulliamo le opinioni, figlie del nostro passato, in questo modo potremo più facilmente essere mentalmente liberi”.
Yoga per unire
Un percorso oltre il giudizio che, nel tempo, porta Carla a “liberarsi dalla parte ‘scolastica’ dello yoga”, come continua a raccontarci: “Stamattina sulla mia parete batteva la pioggia. Era fatale che io proponessi delle asana diverse da quelle che avrei proposto se ci fosse stato il sole”. Maestra di uno yoga di sensazioni, immerso nel presente, che trasforma il corpo in protagonista di avventure dello spirito: “Le nostre braccia non sono solo le nostre braccia. Se propongo della asana che muovono le braccia, sollecito dei bisogni molto più profondi di quelli muscolari: sollecito la gioia, il talento, la voglia di abbracciare, se le faccio estendere indico una lontananza che è anche vicinanza. Quando siedo a gambe intrecciate e mi piego di lato, non vado verso il ginocchio, ma verso una cupola. Se mi piego verso destra sollecito il fegato, perdonandolo o ringraziandolo. Se mi piego a sinistra scopro il mondo dell’elaborazione del cibo. Se faccio yoga con questa coscienza, non è presente l’io con la pesantezza della personalità, ma l’io con tutte le sue funzioni, che possiamo aiutare e favorire”.
Yoga per guarire
Non a caso oggi Sadhana è un’associazione che propone corsi, conferenze, incontri di rilassamento e visualizzazioni guidate, basati anche sulla conoscenza della psiconeuroimmunologia. “Credo molto nella funzione terapeutica dello yoga, sono convinta che attraverso la consapevolezza ci si tira fuori da situazioni anche molto difficili”, continua Carla, che ha affrontato e sconfitto un linfoma di primo grado: “Nel percorso della guarigione mi ha aiutato il gruppo guidato dal prof. Tamponi, che è stato il mio ematologo, e mi ha sostenuto durante i sette mesi di chemioterapia. Ogni giorno allestivo un teatro mentale in cui visualizzavo la lotta del mio sistema immunitario. La preghiera è molto efficace: assume il senso di una nuvola che sale e stempera la sua ‘pioggia’ benefica sulla persona malata sotto forma di grazia. Sono arrivata al punto di dire una preghiera anche per le cellule ‘cattive’ che dovevano morire”. Grazie a una forte volontà e anche, forse, alle preghiere, ancora una volta il tempo concesso a Carla si è dilatato. Lei, tuttavia, non pare turbata dalla Trasformazione estrema: “Sento vicina la sensazione di una trascendenza immediata, non ho l’impressione che ci sia la morte: si cambia stanza, ma si resta sempre nella stessa casa”.
Carla Perotti
Nata a Torino nel 1929, si laurea in Filosofia. Scrittrice e giornalista, condivide da oltre cinquant’anni l’esperienza dello Yoga, la Via verso cui ha orientato la propria vita. Nel 1958 fonda a Torino il Centro culturale italo indiano Sadhana, il cui nome viene scelto dal Maestro Jean Klein. Tra i libri che ha scritto si ricordano: Il giardino della guarigione (Psiche editore), in cui racconta l’esperienza della guarigione dal cancro, Parole di guarigione. Lo yoga per chi soffre (Magnanelli editore); Essere yoga (Serra Tarantola editore); Incontrare se stessi. Jean Klein, un maestro per la vita (Psiche editore); attualmente sta lavorando a un libro sull’amore.