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Sai fare le cose “giuste”?

Se hai imparato ad “essere felice”, ti risulterà molto più facile “fare la cosa giusta”. Con questo presupposto, dopo il fortunato “Felice come un Buddha”, Stefano Bettera esce in libreria con “Fai la cosa giusta”

STEFANO BETTERA

di Guido Gabrielli

 

Sei consigli buddhisti per orientarsi nel mondo di oggi” (Yoga Journal – Morellini Editore). Il racconto della pratica del Dharma in questo secondo libro si fa più concreto e tangibile: come faccio a navigare sui fiumi e mari che la vita mi pone davanti? Come capisco se le scelte e gli orizzonti sono quelli giusti? Come sempre la risposta è “dipende”, e il segreto è saper valutare, momento per momento, “da cosa dipende”. In una prosa laica, sensibile e maieutica, ricco di racconti, analogie e suggerimenti di pratiche meditative, Stefano ci porta a riflettere su quale sia la scelta più opportuna (e felice).

 

 

Dopo il successo di “Felice come un Buddha”, come è stato l’incontro con il pubblico e i lettori e in quale maniera ha cambiato o confermato la tua idea di una “necessità secolare” di questa filosofia?

Il pubblico e i lettori hanno giocato un ruolo fondamentale non solo nel successo del libro ma, soprattutto, nella sua “trasformazione” in un’occasione di approfondimento, di conoscenza e pratica. Insomma, in un percorso ‘vivo’ nel mondo, che va molto oltre la pagina scritta. Del resto, questo era e resta l’obiettivo della mia attività di scrittore: calare il pensiero, le idee, gli spunti, le intuizioni, un certo modo di guardare a questa saggezza in un’esperienza. In qualcosa che tutti possano vivere, secondo le proprie caratteristiche, e in cui possono riconoscersi in qualche modo. Da qui nasce l’urgenza di un percorso totalmente secolare. Mi interessano poco i sistemi di credenze, le trascendenze, gli ideali ascetici o il mondo delle idee. Mi importa, invece, capire, anzi, scoprire, quali elementi sono in grado di parlare al nostro tempo, alle nostre vite di esseri umani del XXI secolo e possono aiutarci a esistere e comportarci in un modo compiutamente umano.Più sono andato in giro per l’Italia e l’Europa a parlare del mio libro e di queste idee, più mi sono reso conto di quanto questa esigenza sia diffusa un po’ ovunque tra persone in ricerca. Magari su percorsi apparentemente diversi ma con una medesima prospettiva: quella di trovare un modo più autentico di relazionarsi con gli altri e con la propria esperienza. Per questo mi interessa più l’aspetto pratico di questi insegnamenti che quello che ha a che fare con l’immaginario culturale o religioso (che mi sembrano aspetti in definitiva trascurabili se non addirittura un ostacolo al confronto onesto e senza pregiudizi). Se partiamo, infatti, dalla presunzione di essere giunti a qualche genere di verità le possibilità di dialogo finiscono molto in fretta.

 

 

Per apprezzare il senso del tuo lavoro, in entrambi i libri è necessario ridefinire a priori dei termini un po’ caduti nel convenzionale: “felicità” e “cosa giusta”.

Infatti. Se partiamo dal presupposto che le verità, di qualunque genere, oppure le convinzioni, i condizionamenti culturali e gli schemi mentali sono quello che sono, cioè idee, cosa resta? Resta il bisogno, urgente, di definire un modo per un vivere comune che rispetti ogni essere umano nel profondo. Resta l’esigenza di realizzare un contesto più ampio in cui questo rispetto diventi una pratica, qualcosa di valido nel concreto, qui ed ora e non solo un principio generale, un modello a cui aderire. Ecco perchè il richiamo a fare la “cosa giusta”: rispondere alla situazione che ci si presenta davanti senza pregiudizi o senza partire da schemi o modelli o convinzioni o verità o da un credo è la sfida vera. Non è importante conoscere a priori la risposta e sapere in astratto ciò che è giusto o sbagliato. Occorre saper sentire, sapersi mettere in sintonia con la situazione e con l’altra persona. Ascoltare le sue ragioni e non ‘filtrare’ il suo comportamento attraverso le lenti che usiamo per guardare il mondo. Soprattutto occorre partire da ciò che Gotama stesso non si è mai stancato di ripetere: dall’abbracciare la vita, l’esperienza del vivere, dal dire sì a ciò che incontriamo. Per semplificare, la nostra ‘felicità’ dipende dalla quantità di sì che riusciamo a dire, dal profondo di noi stessi, piuttosto che dai no, piuttosto che dalla resistenza che opponiamo non solo a ciò che accade ma anche rispetto alle aspettative che nutriamo nei confronti degli altri e della vita. Così sarà più ‘istintivo’, per così dire, comprendere qual’è la cosa ‘giusta’.

 

 


IL LABORATORIO DELLA SANGHA SOCIETY

Nel nuovo libro cerco di indicare alcune strade per realizzare in concreto questo percorso e sfido anche il modo comune con cui questi insegnamenti sono tradizionalmente intesi. Proprio perché sono convinto che vi sia un valore che può essere speso anche oggi nel tentativo di realizzare quella che, con una formula, ho definito la “sangha society”.

Immaginare questo tipo di società vuol dire, per me, non un percorso astratto, teorico ma partire dall’idea fondamentale della ‘cura’ come azione, come pratica. Gotama sosteneva che la cura (Appamada) è come l’impronta dell’elefante, tanto grande da contenere quelle di tutti gli altri animali. Così, la cura è la più grande di tutte le virtù perché contiene, in sé, tutte le qualità che ci consentono di fiorire autenticamente come esseri umani.

Le qualità di cui parlo nel libro, sono qualità umane, di tutti i giorni, più che modelli spirituali, e consentono di mettere in pratica un’etica fondata sulla cura e di ricondurci ad un percorso di integrità, di guarigione e di libertà.

 

Possiamo immaginare questi contesti etici come delle comunità di pratica che diventano laboratori/luoghi, dove si parte dall’ascolto per consentire poi alla compassione di diventare azione e pensare un nuovo modo di relazionarsi.

 

Un esempio è il lavoro sulle 4 qualità (i bramha vihara) di cui parla il Buddha. Si può lavorare su quattro moduli che sono:

 

  • METTA la Gentilezza grazie a cui sperimentare la capacità di trasformazione, guarigione e del tornare all’unicità, all’integrità
  • MUDITA la Gioia grazie a cui possiamo sviluppare entusiasmo e aprirci alla straordinarietà dell’esperienza del vivere
  • UPEKKA l’equanimità che permette di sperimentare l’ascolto profondo, la non conoscenza e il non giudizio per testimoniare la totalità dell’esperienza
  • KARUNA la compassione, perchè in questo contesto di pratica l’agire compassionevole sorge spontaneamente e genera le condizioni per fare la cosa giusta e comportarsi in modo etico.

 

Grazie all’approfondimento di questi temi, di questi percorsi di lavoro – che non sono esclusiva di un sistema di sistema religioso o di una ‘cultura orientale’, ma appartengono alla saggezza del mondo – che possiamo davvero agire per prenderci cura del nostro cammino di esseri umani su questo pianeta.

 

 

Fai la cosa giusta

di Stefano Bettera

Yoga Journal – Morellini Editore

151 pagine

€13,90

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