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Thay il Ribelle

Il ricordo di Thay nelle parole del suo discepolo Phap Ban

 

Di Phap Ban

( per gentile concessione di Buddhismo Magazine)

 

Ricordo nel televisore in bianco e nero le immagini di un uomo in fiamme. Era un monaco, che nelle strade di Saigon si era dato fuoco per interrompere la guerra. Una guerra che, prima contro la Francia coloniale e poi contro gli Stati Uniti, stava dilaniando il paese, bruciando le foreste, sacrificando uomini, donne e bambini. Ma io della guerra non sapevo nulla e solo dopo anni ho collegato gli eroi della Resistenza vietnamita al comando di Ho Chi Minh, a quei mostri dipinti nei film americani tipo ‘Berretti verdi’, un proto-Rambo con John Wayne. Quell’uomo seduto tra le fiamme che lo bruciavano, in quei secondi interminabili, feroci, restava impassibile, quieto e poi – sempre dopo un tempo che sembrava eterno, intollerabile – iniziava a piegarsi lentamente, molto lentamente da un lato. Un attimo prima di accasciarsi, con un gesto di una forza incomprensibile, si è rimesso seduto, mentre le fiamme lo consumavano.

 

 

Non potevo capire come un uomo potesse darsi fuoco per la pace, ma in quelle immagini c’era una forza, un coraggio, un’urgenza che ho capito solo molti anni dopo conoscendo Thay, Thich Nhat Hanh. Thay è un ribelle. Ha persino cambiato il suo nome monastico, si è dato il nome di Hanh, Azione. Si è ribellato all’attitudine passiva del Buddhismo ufficiale vietnamita che si chiamava fuori dalla storia senza curarsi della morte, della distruzione e dell’immensa sofferenza. Ha detto no a tutto questo, ha creato i corpi di pace, attivisti non violenti, ha conosciuto sconfitta e un momento di profonda depressione, è andato in America dove ha convinto Martin Luther King a prendere posizione contro la guerra del Vietnam. È stato proprio M.L.K. a candidarlo al Premio Nobel per la Pace. Dopo il secondo colloquio con lui, Mcnamara, il ministro per la difesa statunitense, nel pieno della guerra, si è dimesso.

 

 

Thay è un ribelle. Il primo Monaco ad andare in bicicletta in Vietnam, ma anche quello che, alla luce della sua visione, ha osato riscrivere il Cuore della Prajna Paramita, il testo sacro comune a tutto il Mahayana. C’è persino chi ha detto che la malattia che lo ha colpito sia la punizione per questa eresia. Ricordo che qualcosa di simile è stato detto a proposito di Achan Cha, attribuendo i suoi 10 anni di coma alla punizione per aver eliminato gli scorpioni dal suo monastero. Quante narrazioni. Quante favole. Quante…

 

Sotto tutto questo c’è un bisogno: il bisogno di una storia, di una narrazione precisa, di equazioni precise che ci garantiscano un senso di controllo in questo insopportabile caos che è la vita. La Vita. Noi vorremmo trovarvi un senso, riconoscervi una trama che non sia solo la proiezione dei nostri occhi, del nostro sguardo, del nostro sistema di lettura. Vorremmo leggervi un sistema di ricompense e punizioni, di buoni e cattivi. Se tutto verrà fatto correttamente, allora ci sarà una ricompensa, un “upgrade” della persona, che chiamiamo illuminazione. Finalmente potremo andare in giro a dire la nostra con l’autorevolezza di chi ha capito tutto. Sono fiabe, ma fiabe noiose, con una morale così pesante da spegnere in noi la Vita.

 

Thay è un ribelle e ribelli sono anche i suoi discepoli. Il nostro primo Sangha a Genova, nato nel 2013, era un Sangha misto di Plum Village e del Theravada di Corrado Pensa, che l’anno precedente aveva invitato Thay a Pomaia per il suo primo ritiro italiano. C’era tanta voglia di sedersi insieme e condividere, tanta amicizia e negli anni a venire questo ci ha permesso di restare sempre in grande armonia e conoscere modi diversi di vivere questo cammino. Tante idee diverse e un solo cammino. E allora c’è un grande piacere nel confronto con altre tradizioni, e soprattutto nel portare questo demonietto dell’appartenenza verso qualcosa di migliore, di più fedele o evoluto.

 

Mi viene in mente uno di quei famosi dialoghi di maestri Zen dove uno dice all’altro: “Siamo veramente fortunati ad appartenere a una tradizione così profonda, il puro insegnamento di Gautama, e non a quelle basse scuole piene di pratiche devozionali e mantra” e l’altro risponde: “Sì siamo veramente fortunati… però sono gli altri che si risvegliano!”. Ricordo una vignetta – scusate ero un disegnatore di fumetti e ognuno ha il proprio background – nella quale due cani guardano un vasto campo di battaglia ricoperto di cadaveri appartenenti a due diversi schieramenti, tutti morti stecchiti infilzati da lance e spade. Un cane chiede all’altro: “Ma cosa è successo?” E l’altro cane: “Non erano d’accordo su quale Dio fosse quello più amorevole”.

 

 

Una cosa che continua a stupirmi è la pretesa di avere ragione. La mia visione del mondo è completamente diversa da quella che potevo avere a 12, 30 o anche solo pochi anni fa; solo una cosa resta uguale, la strana convinzione di avere ragione… In un incontro interreligioso (ho partecipato a uno solo e tremo ancora al ricordo) qualcuno aveva detto: “Sì, ma stiamo attenti a non fare una macedonia” e Thay si era alzato dicendo “Ma a me piacciono le macedonie!”.

plumvillage.org/it

 

ATTO D’AMORE

Phap Ban è il nome monastico di Claudio Panarese, sceneggiatore, pittore e disegnatore per la Disney. A Plum Village dal 1992, prima come laico poi come monaco, nei suoi libri racconta la storia dell’incontro con Thay e il suo messaggio di gioia e dolcezza.

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